Pastorale Scolastica

Diocesi di Piacenza-Bobbio

Il Santo Viaggio Maggio 2023

Meno dei niente “Dimmi quanto pesa un fiocco di neve?”, chiese il passero alla colomba. “Meno di niente”, rispose la colomba. Il passero allora raccontò una storia: “Riposavo su un ramo quando cominciò a nevicare; non una bufera, una nevicata lieve lieve. Cominciai a contare i fiocchi che cadevano sul mio ramo. Ne caddero 3.751.952. Quando, lentamente, sfarfallò giù il 3.751.953esimo, meno di niente come hai detto tu, il ramo si ruppe”. Detto questo il passero volò via. La colomba, un’autorità in materia di pace all’epoca di un certo Noè, riflettè un momento poi disse: “Manca forse una sola persona perché tutto il mondo piombi nella pace?”.
Forse manchi solo tu

Tra tante parole… la Parola “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre” (Gv 14,16) La capacità di consolare che lo Spirito attua nel cuore dell’uomo consiste nell’indicare il senso di ciò che succede, di aiutare a leggere le circostanze della vita all’interno del piano d’amore di Dio.La consolazione non è pertanto una sorta di vicinanza, di compagnia, ma la forza che nasce dal sapere che tutto ciò che avviene, pur se doloroso e fonte di tribolazione, avviene “secondo” la volontà di Dio. In questo senso il denominatore comune dell’esperienza dello Spirito è la consolazione, che è gioia e pace, nonostante tutto. Lo Spirito, infatti, rende testimonianza al Dio che ha preso posto in mezzo agli uomini e conduce il credente ad andare oltre il linguaggio dei sensi, ad apprendere non solo come decifrare il silenzio di Dio, ma anche come interpretare la sua parola e la sua azione nella storia. Il credente, allora, comprende che trovare Dio è cercarlo senza posa, che vederlo significa non essere mai sazio di desiderarlo, che incontrarlo è riconoscerlo in Gesù Cristo.

Vivere con il pilota automatico A volte, seduti sulla spiaggia, siamo rimasti affascinati dalla solennità e dal mistero del mare. Anche il pescatore guarda giorno e notte il mare, ma non fa’ alcun caso alla sua grandiosità, perché si è abituato, si è assuefatto. Allo stesso modo noi non sappiamo guardare in maniera diversa e creativa le situazioni, le persone, perché ci siamo fermati un abito mentale con il quale trattiamo il mondo. Le cose accadono e noi le osserviamo attraverso il colore delle lenti che indossiamo. Perciò ci sentiamo autorizzati ad inserire nello spirito il pilota automatico e a farci un pisolino. Oh, se sapessimo guardare la realtà con occhi nuovi! Scopriremmo che essa è solo un primo piano, da cui emerge la presenza di Dio. Scopriremmo anche che il più grande esploratore non fa’ viaggi più lunghi di chi scende in fondo al proprio cuore, dove Dio si specchia tra le stelle

La grotta azzurra Era un uomo povero e semplice. La sera guardava con astio la gente che passava: “Quelli sì che stanno bene”, brontolava l’uomo, pigiato nel tram. “Avessero la mia croce da portare!”. Un giorno il Signore si presentò a lui e gli disse: “Vieni con me. Ti darò la possibilità di fare un’altra scelta”. L’uomo si trovò all’improvviso dentro una enorme grotta azzurra, tempestata di croci: piccole, grandi, tempestate di gemme, lisce, contorte. “Sono le croci degli uomini”, disse il Signore, “scegline una”. L’uomo buttò con malagrazia la sua croce in un angolo e, fregandosi le mani, cominciò la cernita. Provò una croce leggerina, ma era lunga. Prese una croce da vescovo, ma era pesante di responsabilità e sacrificio… Provò e riprovò, ma ogni croce aveva qualche difetto. Finalmente, in un angolo semibuio, scovò una piccola croce, un po’ logorata dall’uso. Sembrava fatta apposta per lui. L’uomo se la mise sulle spalle con aria trionfante. “Prendo questa!”, esclamò. Il Signore gli rivolse il suo sguardo dolce dolce. E in quell’istante l’uomo si accorse che aveva ripreso proprio la sua vecchia croce: quella che aveva buttato via entrando nella grotta. E che portava da tutta la vita.

Mi abbandono nelle tue mani Mi abbandono, o Dio, nelle tue mani. Gira e rigira questa argilla, come creta nelle mani del vasaio. Dalle una forma e poi spezzala, se vuoi. Domanda, ordina, cosa vuoi che io faccia? Innalzato, umiliato, perseguitato, incompreso, calunniato, sconsolato, sofferente, inutile a tutto, non mi resta che dire, sull’esempio della tua Madre: “Sia fatto di me secondo la tua parola”. Dammi l’amore per eccellenza, l’amore della croce, ma non le croci eroiche che potrebbero nutrire l’amor proprio, ma di quelle croci volgari, che purtroppo porto con ripugnanza… Di quelle croci che si incontrano ogni giorno nella contraddizione, nell’insuccesso, nei falsi giudizi, nella freddezza, nel rifiuto e nel disprezzo degli altri, nel malessere e nei difetti del corpo, nelle tenebre della mente e nel silenzio e aridità del cuore. Allora solamente tu saprai che ti amo, anche se non lo saprò io, ma questo mi basta (John Kennedy).

 

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Il santo viaggio… Novembre 2017

Dare un nome alle cose assenti
Nell’uomo c’è una facoltà meravigliosa che lo rende “complice di Dio” nell’avvistare un mondo nuovo: l’immaginazione. Grazie alla fantasia noi anticipiamo il futuro, lo visitiamo, lo frequentiamo già. In sostegno alla speranza l’immaginazione non accetta il verdetto inesorabile dei fatti, rifiuta di accogliere passivamente le cose così come sono. L’uomo osserva, certo, ciò che esiste, ma al tempo stesso intuisce che mancano all’appello altre cose che ci dovrebbero essere. E proprio qui si riconosce l’uomo della speranza: non si limita all’inventario di ciò che ha sotto gli occhi, ma chiama, dà un nome alle cose assenti.
Mi basti tu
Dove sei Signore? In un mondo così tormentato, agitato da mille complicazioni, come trovarti senza che la mia preghiera risenta della complessità della vita? Non voglio tensioni, né ansie, né pigrizie, né scoraggiamenti: voglio te. Mi basti tu Signore. Ho bisogno di abbeverarmi alla tua trasparenza. Ho una sola cosa da fare: ascoltarti. Ascoltare sapendo che mi stai dicendo il tuo amore. E risponderti. Lasciare penetrare nella mia vita la tua parola operante, a volte travolgente, a volte leggera e soave come la brezza della sera. E risponderti con il silenzioso amarti, che mi spalanca alla tua carità.
Il primo fiore
In un paesino di montagna c’era un’usanza molto bella. Una gara tra tutti gli abitanti. Chi avesse trovato il primo fiore della primavera avrebbe avuto buona fortuna tutto l’anno. Quella volta per ore cercarono in alto e in basso, e mentre molti abbandonavano la ricerca si udì un grido: “E’ qui! L’ho trovato!”. Era la voce di un bambino. Il primo fiore, però, era sbocciato tra le rocce, qualche metro sotto il ciglio di un terribile dirupo. Tutti lo volevano aiutare. Cinque uomini forti portarono una corda, ma il bambino piangeva spaventato. Gli fecero vedere una corda più grande e quindici uomini si offrirono di tenerla, ma il bambino piangeva. Ad un tratto smise di piangere. Tutti fecero silenzio per sentire che cosa il bambino avrebbe detto. “Va bene, disse. Andrò giù. Andrò giù se mio padre terrà la corda!”
Ti fidi così tanto di Dio?
La domenica mattina
Il signor Cesare era molto abitudinario. Ogni domenica si alzava tardi e alle 11 si tagliava la barba, lasciando aperta la porta del bagno. Quello era il momento atteso da Francesco, che aveva solo sei anni, mostrava già un’inclinazione per la medicina. Francesco prendeva il pacchetto del cotone, la bottiglietta del disinfettante, la busta dei cerotti, entrava in bagno e si sedeva sullo sgabello ad aspettare. “Che c’è?”, chiedeva il signor Cesare. “Be’, diceva Francesco, può darsi che ti tagli; e io ti farò la medicazione”. “Già”, diceva il signor Cesare. “ma non tagliarti apposta come domenica scorsa”, diceva Francesco, severamente, “altrimenti non vale”. Al signor Cesare non riusciva di tagliarsi senza farlo apposta. Tentava di sbagliare, di essere disattento e prima o poi il taglietto arrivava. Così Francesco poteva entrare in azione. Asciugava la goccia di sangue, disinfettava e attaccava il cerotto. Così ogni domenica il signor Cesare regalava una goccia di sangue a suo figlio, e Francesco era sempre più convinto di avere un padre distratto. A chi doni una goccia del tuo sangue?

Oggi, come sempre, Cristo è presente nei poveri che nessuno ama, che sono privi di lavoro, di assistenza, che non hanno né vestito né casa; in questi poveri, che si arriva a considerare un peso per la società e lo Stato. Nessuno ha tempo per loro. Siamo io e voi, in quanto cristiani degni dell’amore di Cristo, se il nostro amore è autentico, che dobbiamo cercarli e offrire loro il nostro aiuto. Essi attendono che noi si vada loro incontro (Madre Teresa di Calcutta)  

 

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