Il santo viaggio… Aprile 2017
Meditazioni per il sostegno spirituale degli operatori scolastici
La morte Un saggio sufi si imbarcò su una nave per recarsi dall’altra parte del mare. A metà della traversata si scatenò una tempesta di tale violenza che le onde altissime scagliavano la nave in su e in giù come se fosse un fuscello. Tutti avevano una paura tremenda, e chi pregava, chi si rotolava gridando, chi gettava tutti i suoi beni in mare. Solo il saggio rimaneva imperturbabile.Quando la tempesta si calmò, e a poco a poco il colore tornò sulle gote dei naviganti, alcuni di loro si rivolsero al saggio e gli chiesero: “Ma come mai tu non hai avuto paura? Non ti sei accorto che tra noi e la morte c’era soltanto una tavola di legno?”. “Certo, ma nel corso della vita mi sono accorto che spesso c’è ancor meno”.
Quanto ci separa dalla morte? E davvero così sottile il confine tra la vita e la morte.
Negli ultimi mesi di vita, Don Bosco camminava a fatica. Chi lo vedeva attraversare i cortili spesso gli chiedeva: “Dove va, Don Bosco?”. La risposta era sempre la stessa: “In Paradiso”.
Lo potremmo dire tutti, ad ogni passo della nostra vita: “Sto arrivando, Signore”.
Guardare e vedere Per molti la vita è proprio come una bottiglia: ne leggono solo l’etichetta, pochi s’inebriano del contenuto. Un giorno un saggio mostrò un fiore ai suoi discepoli e chiese a ciascuno di loro di dire qualcosa. Essi l’osservarono in silenzio per un pò. Poi uno pronunciò un discorso filosofico sul fiore. Un altro compose una poesia. Etichettatori! Il terzo discepolo guardò il fiore e sorrise: solo lui l’aveva visto! Anche in famiglia splendono fiori d’amore, che spandono un intenso profumo. Ma occorre fermarsi e guardare, per scoprirli e gustarne l’essenza. Del tempo consumato nell’amore, per esempio, di quel continuo succedersi di attimi vissuti per il bene dello sposo, della sposa, o spesi per sostenere e guidare l’avventura del vivere dei figli, non rimane quasi traccia nella memoria della famiglia, eppure è impresso nei visi, nelle mani, nel cuore, negli occhi dei genitori. Sì, negli occhi. Ciò che sorprende, in chi ama, è che gli occhi non sono freddi, spenti, ma accesi di freschezza, di speranza, di gioia.
L’ospitalità per papa Francesco “La Chiesa è la madre dal cuore aperto che sa accogliere, ricevere, specialmente chi ha bisogno di maggiore cura, chi è in maggiore difficoltà. La Chiesa, come la voleva Gesù, è la casa dell’ospitalità. Quanto bene possiamo fare se ci incoraggiamo ad imparare il linguaggio dell’ospitalità, dell’accoglienza! Quante ferite, quanta disperazione si può curare in una dimora dove uno possa sentirsi accolto, ma per questo occorre tenere le porte aperte, soprattutto del cuore”. “Ospitalità con l’affamato, con l’assetato, con lo straniero, con il nudo, con il malato, con il prigioniero (cfr Mt 25,34-37), con il lebbroso, con il paralitico. Ospitalità con chi non la pensa come noi, con chi non ha fede o l’ha perduta, e talvolta per colpa nostra. Ospitalità con il perseguitato, con il disoccupato. Ospitalità con le culture diverse. Ospitalità con il peccatore, perché ognuno di noi lo è”.
L’ombrello rosso Lui era un giovane studioso e serio, lei una ragazza bella e saggia. E si amavano. Prima di partire per il servizio militare, lui volle farle un regalo. Acquistò un enorme ombrello di un bel rosso vivo. Sotto quel grande ombrello rosso i due ragazzi si diedero il primo addio, si scambiarono la promessa di amore eterno, decisero di sposarsi. Nella nuova casa, l’ombrello finì in uno sgabuzzino. Passarono gli anni, arrivarono due figli, le preoccupazioni, qualche tensione di troppo, la noia, i silenzi troppo lunghi. Una sera, seduti sul divano, lui e lei sbadigliavano davanti alla tv. Lei improvvisamente si alzò, corse nello sgabuzzino e dopo un po’ tornò con l’ombrello rosso. Lo spalancò e una nuvoletta di polvere si sparse nell’aria. Poi si sedette sul divano con l’ombrello rosso spalancato. Dopo un lungo istante, lui si accoccolò accanto a lei sotto il grande ombrello. Si abbracciarono teneramente. E ritrovarono tutti i sogni smarriti sotto la polvere dei giorni.
Non dimenticate l’ombrello rosso.
Fratelli I fratelli e le sorelle sono i migliori compagni. La loro presenza è un elemento molto favorevole per la crescita del b.no. Attraverso i fratelli, il b.no impara a dividere con altri l’affetto dei genitori e tutto ciò che offre la famiglia, e questo lo aiuta a superare la tendenza egocentrica dell’infanzia e a prepararsi alla vita sociale. Con i fratelli inoltre si stabilisce spesso il primo profondo legame tra pari che esercita uno stimolo notevole verso comportamenti collaborativi. Tuttavia la presenza di un nuovo nato porta il fratello maggiore a reagire, utilizzando uno di questi comportamenti: la regressione, l’opposizione, l’aggressività. La regressione indica il ritorno del b.no a modi di agire più infantili, per dimostrare che anche lui è piccolo e perciò bisognoso delle stesse cure e attenzioni. L’opposizione si esprime sia con manifestazioni più o meno aggressive, oppure con una serie di comportamenti negativi, come un calo del rendimento scolastico. Infine ci può essere addirittura l’aggressione contro il nuovo arrivato.