Pastorale Scolastica

Diocesi di Piacenza-Bobbio

Il Santo viaggio Marzo 2023

Tra tante parole… la Parola
“Due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus” (Lc 24,13).
Due pellegrini stanno camminando verso Emmaus. Era il primo giorno lavorativo dopo un sabato di tristezza, perché Gesù era stato crocifisso. Ai due viandanti  si accosta un terzo personaggio, Gesù, che però viene riconosciuto solo quando, invitato a rimanere a cena, spezza il pane, cioè ripropone l’Eucaristia che aveva celebrato il giovedì santo. Perché Gesù non viene riconosciuto subito? Perché il corpo del risuscitato si trova in un nuovo stato che modifica la sua forma esterna. Ma forse anche perché i due viandanti, più che sull’accompagnatore, erano concentrati su se stessi. Anche noi, spesso, siamo concentrati sui fatti nostri, su ciò che riteniamo importante e urgente, e non ci accorgiamo della presenza di Gesù che ci accompagna, ci spiega la vita. Perché la nostra vita è come disposta su un telaio che ha in Dio il tessitore. Dio l’ha pensata e ce l’ha donata perché rispondessimo al suo disegno d’amore. Soltanto prendendo coscienza di ciò per cui siamo stati fatti noi ci realizziamo.
Le tre pipe
Un vecchio saggio dava questo consiglio ai giovani della sua tribù: «Quando sei ve­ramente adirato con qualcuno che ti ha offeso e decidi di ucciderlo, prima di partire siediti, carica ben bene una pipa e fumala. Finita la prima pipa, ti accorgerai che la mor­te, tutto sommato, è una punizione troppo grave per la colpa commessa. Ti verrà in mente, allora, di an­dare a bastonarlo. Prima di partire siediti, e fuma una seconda pipa. Alla fine penserai che degli insulti coloriti po­trebbero benissimo sostituire le bastonate. Quando stai per andare a insultare chi ti ha offeso, siediti, carica la terza pipa, fumala, e quan­do avrai finito, avrai solo voglia di riconciliarti con quella persona».
Spesso scoppiavano dispute nel monastero, anche per motivi futili. Invitarono allora un maestro di spirito per portare l’armonia e l’amore nel grup­po. Il maestro disse: «Ogni volta che sei con qualcuno o ce l’hai con qualcuno, devi dire a te stesso: io sto morendo e anche questa persona sta morendo. Se pensi veramente a queste parole, ogni amarezza scomparirà».

Capire il cuore di Dio
Una catechista aveva raccontato ai suoi ragazzi del catechismo la parabola del figliol prodigo, ma si era accorta che dopo un po’ molti si erano distratti. Allora aveva chiesto che gliene scrivessero il riassunto.
Uno di loro scrisse così: «Un uomo aveva due figli, quello più giovane però non ci stava volentieri a casa, e un giorno se ne andò via lontano, portando con sé tutti i soldi. Ma ad un certo punto questi soldi finirono e allora il ragazzo decise di tornare a casa perché non aveva neanche da mangiare. Quando stava per arrivare, suo padre lo vide e tutto contento prese un bel bastone e gli corse incontro. Per strada incontrò l’altro figlio, quello buono, che gli chiese dove stava andando così di corsa: “E’ tornato quel disgraziato di tuo fratello; dopo quel che ha fatto si merita un bel po’ di botte!”. “Vuoi che ti aiuti anch’io, papà?”. “Certo”, rispose il padre. E così, in due, lo riempirono di bastonate. Alla fine il padre chiamò un servo e gli disse di uccidere il vitello più grasso e di fare una grande festa, perché s’era finalmente tolto la voglia di suonargliele a quel figlio che gliel’aveva combinata proprio grossa!».
Capire la logica del cuore di Dio è difficile per tutti.

 Il vero apprendimento
Ho imparato che ignorare i fatti non cambia i fatti…
Ho imparato che l’amore, non il tempo, guarisce le ferite.
Ho imparato che ogni persona che incontri merita di essere salutata con un sorriso.
Ho imparato che nessuno è perfetto… finchè non ti innamori.
Ho imparato che la vita è dura… ma io di più!
Ho imparato che quando serbi rancore la felicità va da un’altra parte.
Ho imparato che un sorriso è un modo economico per migliorare il mio aspetto.
Ho imparato che tutti vogliono vivere in cima alla montagna, ma tutta la felicità e la crescita avvengono mentre la scali.
Ho imparato che meno tempo spreco più cose faccio.
Ho imparato che più amo più scopro la profondità dell’amore.
Ho imparato che c’è più gioia nel donare che nel ricevere.
I due boscaioli
Due boscaioli lavoravano nella stessa foresta ad abbattere alberi. I tronchi erano imponenti, solidi e tenaci. I due boscaioli usavano le loro asce con identica bravura, ma con una diversa tecnica: il primo colpiva il suo albero con incredibile costanza, un colpo dietro l’altro, senza fermarsi se non per riprendere fiato rari secondi.
Il secondo boscaiolo faceva una discreta sosta ogni ora di lavoro.
Al tramonto, il primo boscaiolo era a metà del suo albero. Aveva sudato sangue e lacrime e non avrebbe resistito cinque minuti di più.
Il secondo era incredibilmente al termine del suo tronco. Avevano cominciato insieme e i due alberi erano uguali!
Il primo boscaiolo non credeva ai suoi occhi. “Non ci capisco niente! Come hai fatto ad andare così veloce se ti fermavi tutte le ore?”.
L’altro sorrise: “Hai visto che mi fermavo ogni ora. Ma quello che non hai visto è che approfittavo della sosta per affilare la mia ascia”

Il tuo spirito è come l’ascia. Non lasciarlo arrugginire. Ogni giorno affilalo un po’:

 

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Il Santo Viaggio Febbraio 2023

Farsi abbracciare dalla preghiera “Essere presenza”, Signore, è parlare di te senza nominarti. Tacere nel momento in cui è necessario che siano i gesti al posto della parola. Essere luce che illumini il linguaggio del silenzio e voce che, anche se sorge dalla vita, non parla. E’ dire agli altri che gli stiamo vicini, pur essendo grande la distanza che ci separa. E’ intuire la speranza degli altri e semplicemente riempirla. E’ soffrire insieme con quello che soffre e mostrargli che Dio guarisce le nostre piaghe. E’ ridere con quello che ride e gioire del fratello perché ama. E’ gridare con tutta la forza delo Spirito, la verità che è Dio soltanto che ci salva. E’ vivere esposto e senza armi, affidandosi ciecamente alla sua Parola. E’ essere pellegrino in un cammino pieno di fratelli, che gridano nel silenzio che tu sei vivo e ci tieni stretti nelle tue mani (Cardinale Pironio).

Gli auguri Carlo era un bambino timido e tranquillo. Un giorno arrivò a casa e disse a sua madre che avrebbe voluto preparare una cartolina di San Valentino per tutti i suoi compagni di classe.
La madre istintivamente esclamò: «Ma no!». Si era accorta, infatti, che il suo Carlo rimaneva sempre da solo. I suoi compagni ridevano e formavano un’allegra e rumoro­sa combriccola. Ma Carlo non faceva mai parte del gruppo. Per tre settimane, sera dopo sera, Carlo preparò meticolosamente trentacinque car­toline di San Valentino. Giunto il giorno fatidico Carlo mise le cartoline nello zainetto e corse fuo­ri. La madre sapeva che lui avrebbe dato una cartolina a tutti, ma non ne avrebbe ricevuta nemmeno una. Quando Carlo tornò la madre si aspettava che scoppiasse in lacrime. Sentì che diceva: «Nean­che uno. Neanche uno!».
La madre lo guardò incerta. E il bambino aggiunse: «Non ne ho dimenticato neanche uno, neanche uno».
«Questa è la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quel­li che mi ha dato» (Giovanni 6,39). Neanche uno.

 

La maniglia C’è un quadro famoso che rappresenta Gesù in un giardino buio. Con la mano sinistra alza una lam­pada che illumina la scena, con la destra bussa ad una porta pesante e robusta. Quando il quadro fu presentato per la prima vol­ta ad una mostra, un visitatore fece notare al pittore un particolare curioso. «Nel suo quadro c’è un errore. La porta è senza maniglia». «Non è un errore» rispose il pittore. «Quella è la porta del cuore umano. Si apre solo dall’interno». L’aeroporto ven­ne investito da un furioso temporale. I passeggeri erano saliti sull’aereo: il decollo era prossimo.
Improvvisamente si vide un uomo che correva ver­so l’aereo, riparandosi come poteva, con un imper­meabile. Il ritardatario bussò energicamente alla porta dell’aereo, chiedendo di entrare. L’hostess gli spie­gò a segni che era troppo tardi.
Niente da fare: l’uomo insisteva e chiedeva di en­trare. Alla fine, l’hostess cedette e aprì lo sportello. E rimase a bocca aperta. Quell’uomo era il pilo­ta dell’aereo.
Attento! Non lasciare a terra il pilota della tua vita.

Ascoltami Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a darmi dei consigli, tu non fai ciò che ti ho chiesto. Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu senti di dover fare qualcosa per risolvere il mio problema, tu manchi nei miei confronti. Ascolta! Tutto ciò che ti chiedo è che tu mi ascolti, non che tu parli, non che tu faccia qualcosa per me. Io posso agire e fare delle cose da me stesso, non sono impotente. Sì, sono un po’ stanco, scoraggiato, esitante, vacillante ma non impotente. Quando tu fai qualcosa per me che io stesso posso e ho bisogno di fare, tu contribuisci alla mia paura e accentui la mia inadeguatezza, ma quando tu accetti come un semplice fatto che io senta ciò che sento, io posso smettere di convincerti e posso tentare di cominciare a comprendere che cosa c’è dietro questi miei sentimenti irrazionali. Quando è chiaro, le risposte diventano evidenti e non ho bisogno di consigli (Testo Indiano anonimo).

Tra tante parole… la Parola
“Dio lo chiamò dal roveto e disse: ‘Mosè, Mosè!’. Rispose: ‘Eccomi’ “ (Es 3,4)
Disse qualcuno che il caso non esiste: è Dio in incognito. E’ Dio che sta dietro gli eventi, occupandoli per interagire con ciascun uomo, interpellato dalla voce divina che gli parla nella vita di ogni giorno. . Oggi, per la verità, il quotidiano è visto come luogo della banalità, da accettare con spirito di sacrificio e adattamento, senza entusiasmo, sperando che qualche avvenimento irrompa per interrompere la noia. In realtà la capacità di gustare lo straordinario e la festa si acquisisce soltanto se essa è innestata nel quotidiano, che non bisogna subire né sfuggire, ma spolverare e interpretare, scoprendolo affascinante, pieno di senso. E’ Dio, per il cristiano, il senso pieno della realtà, abitata, scandita, indirizzata dal suo progetto d’amore. Cercare e rintracciare l’azione di Dio nella realtà dà ad ogni cosa, ad ogni fatto, per quanto usuale, i connotati dell’inedito, del nuovo, perché negli avvenimenti, anche i più comuni, si avverte il presagio di Dio, che offre una meta, un compito.

 

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Il Santo Viaggio Gennaio 2023

Il segreto della felicità Un giovane domandò al più saggio di tutti gli uomini il segreto della felicità. Il saggio suggerì al giovane di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore. “Solo ti chiedo un favore” concluse il saggio, consegnandogli un cucchiaino su cui versò due gocce d’olio. “Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l’olio”. Dopo due ore il giovane tornò e il saggio gli chiese: “Hai visto gli arazzi della mia sala da pranzo? Hai visto i magnifici giardini? Hai notato le belle pergamene?”. Il giovane, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d’olio. “Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti” concluse il saggio. “Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce d’olio nel cucchiaino”.
“Infine, fratelli, prendete in considerazione tutto quel che è vero, buono, giusto, puro, degno di essere amato e onorato; quel che viene dalla virtù ed è degno di lode” (San Paolo ai Filippesi 4,8). Senza mai dimenticare l’essenziale!

Come una filigrana
Mi hanno spiegato a scuola cosa è una filigrana.
E’ una carta che,
se tu la guardi distrattamente,
e in un posto poco illuminato,
sembra bianca, vuota, inutile.
Ma se tu la guardi controluce
Ti rivela stupende figure.
Il professore ce lo ha dimostrato.
Ha messo la carta bianca
Contro i vetri della finestra:
è apparso un bellissimo volto di Cristo.
Io, Signore, ho pensato
Che l’uomo è come una filigrana.
Se lo guardi, distratto,
vedi poco, quasi niente.
Ma se tu lo guardi per bene,
nella luce,
in ognuno scopri lo stupendo tuo volto.
L’uomo, ogni uomo
È una filigrana preziosa.
Signore, aiutami
a vedere gli uomini controluce
(T. Lasconi).

La scelta
Un uomo si sentiva perennemente oppresso dalle difficoltà della vita e se ne lamentò con un famoso maestro di spirito: “Non ce la faccio più! Questa vita mi è insopportabile”.
Il maestro prese una manciata di cenere e la lasciò cadere in un bicchiere pieno di limpida acqua da bere che aveva sul tavolo, dicendo: “Queste sono le tue sofferenze”.
Tutta l’acqua del bicchiere s’intorbidì e s’insudiciò. Il maestro la buttò via.
Il maestro prese un’altra manciata di cenere, identica alla precedente, la fece vedere all’uomo, poi si affacciò alla finestra e la buttò nel mare.
La cenere si disperse in un attimo e il mare rimase esattamente com’era prima.
“Vedi?” spiegò il maestro. “Ogni giorno devi decidere se essere un bicchiere d’acqua o il mare”.

 Troppi cuori piccoli, troppi animi esitanti, troppe menti ristrette e braccia rattrappite.
Una delle mancanze più serie del nostro tempo è il coraggio. Non la stupida spavalderia, la temerarietà incosciente, ma il vero coraggio che di fronte ad ogni problema fa dire tranquillamente: “Da qualche parte certamente c’è una soluzione ed io la troverò”

Tra tante parole… la Parola
“Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino al grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra” (Is 49,1-4).
Per non emarginare nessuno è indispensabile ricordarci per noi stessi e per gli altri che siamo stati pensati, voluti, amati, progettati, costruiti e creati da Dio. Ciascuno di noi è stato pensato da Dio fin dall’eternità. Il nostro nome, la nostra identità è stata affermata, detta, pronunciata da Dio fin dal grembo materno.
Le persone non nascono per caso, non vivono per caso, non muoiono per caso.
La nostra vita non è in balia del destino, del fato, della fortuna; la nostra vita è nelle mani di Dio.
Noi abbiamo la gioiosa certezza che Dio, è un Padre, ci ha creati. Dio ci ama, ci aspetta, ci desidera, cerca la nostra collaborazione. Il sentirci cercati da Dio ci fa star bene, ci permette di amare gratis il prossimo.

Il sentirci amati da Dio ci permette di vivere, nonostante i nostri limiti, nonostante le difficoltà della vita. Il sentirci amati da Dio ci rende forti, per poter amare gli altri.

A piccoli passi Un giovane studente che aveva una gran voglia di impegnarsi per il bene dell’umanità, si presentò un giorno da San Francesco di Sales e gli chiese:
“Che cosa devo fare per la pace del mondo?”.
San Francesco di Sales gli rispose sorridendo:
“Non sbattere la porta così forte…”.
Sono sempre i piccoli inconvenienti che fanno i grandi litigi. Molti divorzi cominciano per dei calzini dimenticati sotto il letto. Ma anche i grandi amori sono fatti di tante piccole cose.

 

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Il Santo Viaggio Dicembre 22

La mano e la sabbia Giorgio, un ragazzo di tredici anni, passeggiava sulla spiaggia insieme alla madre.
Ad un tratto le chiese: “Mamma, come si fa a conservare un amico quando finalmente si è riusciti a trovarlo?”.
La madre meditò qualche secondo, poi si chinò e prese due manciate di sabbia. Tenendo le palme rivolte verso l’alto, strinse forte una mano: la sabbia le sfuggì tra le dita, e quanto più stringeva il pugno, tanto più la sabbia sfuggiva. Tenne invece ben aperta l’altra mano: la sabbia vi restò tutta.
Giorgio osservò stupito, poi esclamò: “Capisco”.

Una preghiera dal cuore
Signore, aiutami ad essere per tutti un amico,
che attende senza stancarsi,
che accoglie con bontà,
che dà con amore,
che ascolta senza fatica,
che ti ringrazia con gioia,
Un amico che si è sempre certi di trovare
quando se ne ha bisogno.
Aiutami ad essere una presenza sicura,
a cui ci si può rivolgere
quando lo si desidera,
ad offrire un’amicizia riposante,
ad irradiare una pace gioiosa,
la tua pace, o Signore.
Fa’ che sia disponibile e accogliente
soprattutto verso i più deboli e indifesi.
Così senza compiere opere straordinarie,
io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino,
Signore della tenerezza.

L’auto nuova Una giovane donna tornava a casa dal lavoro in automobile. Guidava un’auto nuova fiammante, comprata con i risparmi del marito che aveva fatto parecchie rinunce per poter acquistare quel modello. Ad un incrocio affollato, la donna ebbe un attimo di indecisione e con il parafango andò ad urtare il paraurti di un’altra macchina. La giovane donna scoppiò in lacrime. Come avrebbe potuto spiegare il danno al marito? Il conducente dell’altra auto spiegò che dovevano scambiarsi il numero della patente e i dati del libretto. La donna cercò i documenti in una grande busta di plastica marrone. Cadde fuori un pezzo di carta. In una decisa calligrafia maschile vi erano queste parole: “In caso di incidente…, ricorda, tesoro, io amo te, non la macchina!”
Le persone contano, non le cose. Quanto facciamo per le cose, le macchine, le case, l’organizzazione, l’efficienza materiale! Se dedicassimo lo stesso tempo e la stessa attenzione alle persone, il mondo sarebbe diverso.

Tra tante parole …la Parola “Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere… Noi ben sappiamo, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui” (1Ts 1,2-4.6-9)
San Paolo ringrazia Dio per gli altri e prega costantemente per loro. E’ il nostro atteggiamento nei confronti degli altri? Ringraziamo costantemente perchè l’altro fratello o sorella esiste? E’ vero che nella vita possiamo incontrare persone ferite, sofferenti, che nascondono il positivo che Dio ha loro regalato, ma spetta a noi pregare per loro, valorizzarli per rigenerare nell’amore e con amore queste persone. Dobbiamo avere la certezza che il positivo è presente in ogni essere umano. Valorizziamo ogni altro che incontriamo, senza scartare nessuno. Così non faremo emarginati, non metteremo nessuno come ultimo, non escluderemo nessuno. Del resto Dio dona l’acqua anche ai “cactus” pieni di spine: anche in loro si realizza la creazione. Tutti, proprio tutti gli esseri umani hanno qualche cosa di buono…

Un papà e il suo bambino Un papà e il suo bambino camminavano sotto i portici di una via cittadina su cui si affacciavano negozi e grandi magazzini. Il papà portava una borsa di plastica piena di pacchetti e sbuffò, rivolto al bambino. “Ti ho preso la tuta rossa, ti ho preso il robot trasformabile, ti ho preso la bustina dei calciatori… Che cosa devo ancora prenderti?”.
“Prendimi la mano” rispose il bambino
Dovremmo ritrovare il tempo per ascoltare, guardarsi negli occhi, piangere insieme, incaraggiarsi, ridere, passeggiare…
E’ solo questo che porteremo con noi davanti a Dio. Noi e la nostra capacità d’amare. Non le cose, neanche i vestiti, neanche questo corpo…

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Il Santo viaggio Novembre 22

Preghiera dell’accoglienza

 Aiutami Signore,
ad attendere senza stancarmi,
ad ascoltare senza tediarmi,
ad accogliere senza riserve,
a donare senza imposizioni,
ad amare senza condizioni.
Aiutami ad esserci quando mi cercano,
a dare quando mi chiedono,
a rispondere quando mi domandano,
a far posto a chi entra,
a uscire quando sono di troppo.
Aiutami a vedere te nel mio fratello,
a camminare insieme con lui e con Te:
perché insieme possiamo sedere alla mensa del Padre.

“Se vuoi essere più vicino a Dio stai più vicino alla gente” (K. Gibran)

Il cappellino di Sara

Sara, piangendo, cercò di sistemarsi il cappellino sportivo che le stava un po’ largo. “Coraggio Sara, le disse il papà. Ti ricresceranno presto. Stai reagendo molto bene alla cura e fra qualche mese starai benissimo”. La cura contro il tumore che aveva colpito Sara due mesi prima le aveva fatto cadere tutti i capelli. La mamma la abbracciò: “Forza Sara! Si abitueranno presto, vedrai…”.

Sara tirò su con il naso, si infilò il cappellino, prese lo zainetto e si avviò. Davanti alla porta della Seconda B, il cuore le martellava forte. Chiuse gli occhi ed entrò. Quando riaprì gli occhi per cercare il suo banco, vide qualcosa di strano. Tutti, ma proprio tutti, i suoi compagni avevano un cappellino in testa!

Si voltarono verso di lei e sorridendo si tolsero il cappello esclamando: “Bentornata Sara!”. Erano tutti rasati a zero, anche Marisa così fiera dei suoi riccioli, anche Paolo, anche Elena e Giangi… Tutti! Ma proprio tutti! Si alzarono e abbracciarono Sara che non sapeva se piangere o ridere e mormorava soltanto: “Grazie…”. Dalla cattedra, sorrideva anche il professor Donati, che non si era rasato i capelli, semplicemente perché era pelato di suo e aveva la testa come una palla da biliardo.

Dio è amicizia

La benedizione Un giorno il celebre padre Henri Nouwen fu avvicinato da una ragazza disabile che gli disse: “Henri, mi puoi benedire?”. Padre Nouwen rispose alla richiesta in maniera automatica, tracciando con il pollice il segno della croce sulla fronte della ragazza.
Invece di essere grata, lei protestò con veemenza: “No, questa non funziona. Voglio una vera benedizione!”.
Allora Padre Nowen la abbracciò e le disse: “Janet, so che in questi giorni c’è della tristezza nel tuo cuore, ma voglio che tu sappia che sei l’Amata Figlia di Dio. Sei preziosa agli occhi di Dio. Il tuo bel sorriso, la tua gentilezza verso gli altri e tutte le cose buone che fai, ci mostrano che bella creatura tu sei”. Janet alzò la testa e lo guardò; il suo largo sorriso dimostrò che aveva veramente sentito e ricevuto la benedizione.
La sensazione di essere maledetti spesso colpisce più facilmente che la sensazione di essere benedetti. Dobbiamo riscoprire il senso e la bellezza della benedizione. E quando le cose sono difficili e la vita è pesante ricordati chi sei: sei una persona speciale, sei profondamente amato da Dio e da tutte le persone che sono con te

Il cemento “Padre, disse un giovane ad un saggio, come si costruisce una comunità?”.
Il sapiente rispose: “E’ come costruire una casa. Puoi utilizzare pietre di tutti i generi; quel che conta è il cemento, che tiene insieme le pietre”. Il giovane riprese: “Qual è il cemento della comunità?”. Il saggio si chinò a prendere una manciata di sabbia e disse: “Il cemento è fatto di sabbia e calce, che sono materiali così fragili! Basta un colpo di vento e volano via. Allo stesso modo, nella comunità, quello che ci unisce, il nostro cemento, è fatto di quello che c’è in noi di più fragile e più povero. Possiamo essere uniti perché dipendiamo gli uni dagli altri”.

Facci strumenti di unità Signore Gesù, metti un lucchetto alla porta del nostro cuore, per non pensare male di nessuno, per non giudicare prima del tempo, per non sentir male, per non supporre né interpretare male, per non profanare il santuario sacro delle intenzioni. Signore Gesù, legame unificante della nostra comunità, metti un sigillo alla nostra bocca per chiudere il passo ad ogni mormorazione e ad ogni commento sfavorevole. Concedici di custodire le confidenze che riceviamo, sapendo che il primo e concreto modo di amare è custodire il silenzio. Semina nelle nostre viscere fibre di delicatezza. Dacci uno spirito di profonda cortesia, per riverirci l’un con l’altro, come avremmo fatto con te. Signore Gesù Cristo, dacci la grazia di rispettare sempre. Così sia.

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Il Santo Viaggio Ottobre 2022

Perché questo foglio
Questo sussidio, che l’Ufficio Diocesano di Pastorale Scolastica predisporrà ogni mese, per la durata dell’intero anno scolastico, vuole essere un’occasione rivolta ai cristiani che operano nella scuola, per fermarsi un poco, per sostare, e raccogliere la propria vita e il proprio agire intorno a Gesù Cristo, che li motiva e dona loro senso.  Leggere e meditare queste semplici righe può inoltre farci sentire più Chiesa, perché consapevoli che altri, in tutte le scuole della Diocesi, cercano di vivere con coraggio e passione, pur tra mille difficoltà, la loro fede.

L’alternativa
Un chicco di frumento si nascose nel granaio.
Non voleva essere seminato.
Non voleva morire.
Non voleva essere sacrificato.
Voleva salvare la propria vita.
Non gliene importava niente di diventare pane.
Né di essere portato a tavola.
Né di essere benedetto e condiviso.
Non avrebbe mai donato vita.
Non avrebbe mai donato gioia.
Un giorno arrivò il contadino.
Con la polvere del granaio spazzò via anche il chicco di frumento.

 Sei fatto per essere dono.
E’ il paradosso del vivere: nell’intimo sai che solo perdendoti ti troverai…

 

Il filo di cotone
C’era una volta un filo di cotone che si sentiva inutile. «Sono troppo debole per fare una corda» si lamentava. «E sono troppo corto per fare una maglietta. Sono troppo sgraziato per un Aquilone e non servo neppure per un ricamo da quattro soldi. Sono scolorito e ho le doppie punte… Ah, se fossi un filo d’oro, ornerei una stola, starei sulle spalle di un prelato! Non servo proprio a niente. Sono un fallito! Nessuno ha bisogno di me. Non piaccio a nessuno, neanche a me stesso!».
Si raggomitolava sulla sua poltrona, ascoltava musica triste e se ne stava sempre solo. Lo udì un giorno un mucchietto di cera e gli disse: «Non ti abbattere in questo modo, piccolo filo di cotone. Ho un’idea: facciamo qualcosa noi due, insieme! Certo non possiamo diventare un cero da altare o da salotto: tu sei troppo corto e io sono una quantità troppo scarsa. Possiamo diventare un lumino, e donare un po’ di calore e un po’ di luce. È meglio illuminare e scaldare un po’ piuttosto che stare nel buio a brontolare».
Il filo di cotone accettò di buon grado. Unito alla cera, divenne un lumino, brillò nell’oscurità ed emanò calore. E fu felice.

Una Parola per la vita
“Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti” (1Cor 12, 4).

Può capitare che le persone avvicinandosi tra loro si “pungano” reciprocamente con le loro spine-differenze. Ma dobbiamo ricordarci che ciascuno di noi è unico e irripetibile ed è un dono per tutti i fratelli. Ci sono diversità di carismi, di talenti, di servizi, ma a ciascuno è data una manifestazione particolare per il bene comune. Le nostre spine-differenze non sono per la nostra sofferenza ma sono una ricchezza se sappiamo comunicarle e scambiarle con gli altri. Le differenze non sono spine ma se accettate, capite, valorizzate, diventano ricchezze.

 

Egli guarda me e io guardo lui

Il Santo Curato d’Ars incontrava spesso in chiesa un semplice contadino della sua Parrocchia.
Inginocchiato davanti al Tabernacolo, il brav’uomo rimaneva per ore immobile, senza muovere le labbra.
Un giorno, il Parroco gli chiese:
«Cosa fai qui così a lungo?»
«Semplicissimo. Egli guarda me ed io guardo Lui.»

Puoi andare al tabernacolo così come sei. Con il tuo carico di paure, incertezze, distrazioni, confusione, speranze e tradimenti. Avrai una risposta straordinaria:
«Io sono qui!».
«Che ne sarà di me, dal momento che tutto è così incerto?»
«Io sono qui!»
«Non so cosa rispondere, come reagire, come decidermi nella situazione difficile che mi attende.»
«Io sono qui!»
«La strada è così lunga, io sono così piccolo e stanco e solo…»
«Io sono qui!»

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