“Il santo viaggio…” Marzo 2017
Meditazioni per il sostegno spirituale degli operatori scolastici
E’ giusto sacrificarsi per i figli?
In un mondo che non cerca più maestri e spesso rimane indifferente anche ai testimoni, mamma e papà rivelano ai loro cuccioli che cosa sia l’amore, a quali abissali profondità esso può arrivare, facendosi addirittura fatica, sofferenza accettata e donata. Lo sanno bene quei genitori che hanno sperimentato la ribellione di chi non ne può più, le calde lacrime di chi avanza prostrato, il silenzio di chi non ha altre parole se non l’amore per i figli. Si tratta di un amore che giunge al sacrificio. Sacrificarsi per i figli, però, non significa privarsi di qualche cosa e quindi, a motivo di tale privazione, soffrire. Quando è vissuto così, il sacrificio diventa una forma di dipendenza, e lo si fa perchè “si deve”: quanti genitori rinfacciano ai loro figli di essersi sacrificati per loro? Se invece ci si sacrifica motivati da una propria coerenza interiore, da un’esigenza che obbedisce alla propria coscienza, allora il sacrificio diviene espressione del proprio essere, addirittura arricchimento personale. Chi ama non dice: “Mi sacrifico per te”. Semplicemente ama, come un albero che non fruttifica per qualcuno, ma per intima esigenza.
Figli di Dio
Un giorno, un re, per punire suo figlio, lo mandò in esilio in un paese lontano. Il principe soffrì la fame e il freddo, perse la speranza di ottenere il perdono reale.
Passarono gli anni.
Un giorno, il re inviò al figlio un ambasciatore con l’ordine di esaudire tutti i suoi desideri, tutte le sue aspirazioni. L’ambasciatore lo disse al principe, che lo guardò stupito e rispose soltanto: «Dammi un pezzo di pane e un cappotto caldo». Aveva completamente dimenticato che era un principe e che poteva ritornare nel palazzo di suo padre a vivere da re.
Non è questa la triste storia di tanti nostri contemporanei che hanno dimenticato di essere Figli di Dio?
Suggerimenti educativi
Chiedere ad un bimbo di non disubbidire mai più è proporgli una meta troppo alta, che può scoraggiare o addirittura generare frustrazioni di fronte all’inevitabile fallimento; viceversa proporgli di impegnarsi ad essere ubbidiente per un giorno, verificando alla sera il suo comportamento, gli consente di porsi un obiettivo realizzabile, una sorta di sfida con se stesso, valutabile insieme all’insegnante o al genitore. Gli educatori possono e a volte devono manifestare la collera: il b.no li percepirà uomini e donne animati da passioni e comunque reattivi di fronte ai suoi comportamenti. Colui che non si inquieta mai, del resto, sembra quasi indifferente. La punizione, perché sia veramente d’aiuto, deve essere inflitta amorevolmente, non per desiderio di vendetta. Prima di giungere al castigo è meglio usare forme di persuasione, di richiamo, di rimprovero. La punizione dovrebbe essere, quando è possibile, coerente con l’errore commesso. Se il b.no ha fatto capricci al campo-giochi, si potrebbe comunicargli: “Visto che non ti sei comportato bene, domani non andremo al campo-giochi”, piuttosto che sbottare: “Per due giorni non guardi più la televisione!”.
Seguire Gesù
Seguimi. Corri dietro a me. Ecco tutto. Camminare dietro a lui è, in fondo, qualcosa senza contenuto. Non è certo un programma di vita, la cui realizzazione possa sembrare ragionevole; non è una meta, un ideale a cui si possa tendere. Non è una cosa per cui, secondo l’opinione degli uomini, valga la pena impegnare qual cosa, e tanto meno se stessi. Ma che accade? Il chiamato abbandona tutto ciò che possiede, non per compiere un atto particolarmente valido, ma semplicemente a causa di questa chiamata, perché altrimenti non potrebbe seguire Gesù. A questo atto in sé non viene dato alcun valore. L’atto in sé resta qualcosa di assolutamente irrilevante, insignificante. Si fa un taglio netto e semplicemente ci si incammina. Si è chiamati fuori e bisogna «venir fuori» dall’esistenza condotta fino a questo giorno; si deve ‘esistere’ nel senso più rigoroso della parola. Il passato resta indietro, lo si lascia completamente.
Preghiera
Signore, aiutami ad essere per tutti un amico,
che attende senza stancarsi,
che accoglie con bontà,
che dà con amore,
che ascolta senza fatica,
che ti ringrazia con gioia.
Un amico che si è sempre certi di trovare
quando se ne ha bisogno.
Aiutami ad essere una presenza sicura,
a cui ci si può rivolgere
quando lo si desidera,
ad offrire un’amicizia riposante,
ad irradiare una pace gioiosa,
la tua pace, o Signore.
Fa’ che sia disponibile e accogliente
soprattutto verso i più deboli e indifesi.
Così senza compiere opere straordinarie,
io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino,
Signore della tenerezza.