Il Santo Viaggio Febbraio 2019
La somiglianza Un missionario viaggiava su un veloce treno giapponese e occupava il tempo pregando con il breviario aperto. Uno scossone fece scivolare sul pavimento una immaginetta della Madonna. Un bambino seduto di fronte al missionario si chinò e raccolse l’immagine. Curioso come tutti i bambini, prima di restituirla la guardò. “Chi è questa bella signora?”, chiese al missionario. “E’… mia madre” rispose il sacerdote, dopo un attimo di esitazione. Il bambino lo guardò, poi riguardò l’immagine. “Non le somigli tanto”, disse. Il missionario sorrise: “Eppure, ti assicuro che è tutta la vita che cerco di assomigliarle, almeno un po’”. Tu, a chi assomigli?
Preghiera Ti ho scoperto, Signore, come Iddio che ama e dona a mani piene e che non vuole da me una risposta a mani vuote. Così ho imparato a parlarti con parole che hanno la pienezza dei miei peccati e delle mie stoltezze, delle mie ansie e delle mie piccole gioie, del litigio familiare d’oggi e del bacio di mio marito. Ho imparato a parlarti, Signore, provocato dai fatti più banali e più seri, degli incontri più comuni e più inattesi, dalle passioni più violente e più intime, da ciò che ho veduto sulla piazza e nella vetrina del negozio, dalla disperazione che mi ha preso e dalla gioia che mi esalta… Così ho scoperto che pregare non è porsi fuori del tempo o sulla strada dell’evasione, ma un camminare sul marciapiede della storia, ove sei anche tu, “mio Signore e mio Dio” (Gv 20,28).
L’umiltà Il primo giorno di scuola, in un paesino di campagna, un bambino camminava verso la scuola, di buon mattino, accompagnato dalla mamma. Il bambino era completamente assorbito dai lunghi passi della sua enorme ombra proiettata dal sole del mattino, che lo faceva sembrare e sentire un gigante di trenta metri. Improvvisamente la madre si fermò. Guardò il figlio dritto negli occhi e disse: “Figlio mio, non guardare la tua ombra di mattina, guardala a mezzogiorno”. Nella comunità cristiana siamo come in un’orchestra: se ciascuno di noi volesse essere il primo violino, non sarebbe possibile formare l’orchestra!
Lo scopo dell’educare Lo scopo dell’educazione è offrire alla persona la possibilità di innestarsi in modo autonomo, libero e critico nella società, favorendo l’acquisizione di un’identità fondata su valori e tesa alla realizzazione di sé attraverso un progetto di vita. L’educatore condivide questa avventura. La parola condivisione significa letteralmente “l’azione di dividere qualcosa con piena partecipazione”. Chi pratica la condivisione riconosce di essere partecipe della vita altrui, mentre partecipa all’altro la propria vita. Io ti chiamo per nome, ti individuo come soggetto in una realtà indistinta; e intanto ti riconosco, ti rendo consapevole di esistere, di esserci, ti dimostro che sei qualcuno per me. Il primo compito dell’educatore, dunque, è quello di risvegliare nell’educando la consapevolezza di sé, della propria unicità, della propria originalità.
Il mio Dio mi ascolta… Il mio Dio ascolta volentieri chi bussa al suo cuore vestito con gli abiti di casa senza il cappotto domenicale: da uomo, così com’è, senza aver chiesto in prestito parole altrui, lisciate a festa. Prego con linguaggio feriale, ma col cuore in festa. Per questo non indosso una tuta speciale nel presentarmi a lui. Gli parlo così, con il linguaggio della mia strada, sospinto dalle realtà concrete che vedo, mosso dai sentimenti improvvisi che sento.