Per mamma e papà
Un papà, una mamma, nel loro rapporto non sono mai gli stessi: non si ama una statua, un dipinto, ma un essere che vive, che matura, che cresce. Una sola cosa deve rimanere costante: la tensione ad amarsi. L’amore non è la scelta di un momento, ma l’abito di ogni momento. L’amore rende nuove le cose, trasforma. Nessuno si abbevera da una fontana inaridita, ma tutti accorrono dove zampilla acqua fresca che disseta, rinvigorisce. Come il seme accetta di trasformarsi per diventare fiore, e il fiore accetta di trasformarsi per diventare frutto, così bisogna accettare di lasciarsi trasformare dall’amore che ci anima e da quello che sgorga dal cuore della persona che amiamo.
Suggerimenti educativi
L’azione educativa richiede come premesse due atteggiamenti: l’accettazione del figlio così com’è e la disponibilità costante ad ascoltarlo, a comprenderlo. Accettare il figlio così com’è è determinante per costruire una relazione in cui egli possa crescere e maturare. E’ uno dei paradossi semplici ma bellissimi della vita: quando una persona si sente sinceramente accettata per quello che è, si sente libera di prendere in considerazione un possibile cambiamento, di pensare a una possibile crescita. L’accettazione è come un terreno fertile che permette a un seme minuscolo di trasformarsi nel fiore che può diventare. Il terreno si limita a facilitare lo sviluppo del seme. Sprigiona la sua capacità di crescere, ma tale capacità è interamente in seno al seme. Anche un figlio, come un seme, ha dentro di sé la capacità di crescere. L’accettazione è il terreno fertile, che semplicemente permette al figlio di realizzare il proprio potenziale. Ascoltare il proprio figlio significa osservarlo, conversare con lui, cercare di capirlo, sentire risuonare in sè la sua intimità; vuol dire cercare di conoscerlo, di avvertire che cosa comunica con i suoi silenzi, con i suoi gesti, con i suoi richiami.
Il pezzo di legno
Il nonno, una volta mi accompagnò al parco. Era un gelido pomeriggio d’inverno. Il suo cuore era molto malato. Volli andare verso lo stagno. Era tutto ghiacciato, compatto! “Dovrebbe essere magnifico poter pattinare”, urlai, “vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!”. Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: “Stai attento…”. Troppo tardi. Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro. Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me. Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino ad estrarmi dal crepaccio di ghiaccio. Piangevo e tremavo. Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso. Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte. Il nostro dolore fu enorme. Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e ricuperai il pezzo di legno. È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua! Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!
Per questo motivo noi cristiani teniamo nelle nostre case un “pezzo di legno” a forma di croce… Per ricordare come si ama.
L’amore
Il figlio di un re si innamorò della figlia del fornaio. E la sposò. Per alcuni anni i due sposi vissero in piena armonia e felicità. Alla morte del padre, il principe salì sul trono. I ministri e i consiglieri gli dissero che per la salvezza del regno doveva ripudiare la moglie popolana e sposare invece la figlia del potente re confinante. «Ti devo ripudiare – disse alla moglie -, domani tornerai da tuo padre. Potrai portare via ciò che ti è più caro». Quella sera mangiarono insieme per l’ultima volta. In silenzio. La donna, apparentemente tranquilla, continuava a versare vino nel bicchiere del re. Alla fine della cena, il re sprofondò in un sonno pesante. La donna lo avvolse in una coperta e se lo caricò sulle spalle. Il mattino dopo, il re si svegliò nella casa del fornaio. «Ma, come?», si meravigliò. La moglie gli sorrise. «Hai detto che potevo portarmi via ciò che avevo di più caro. Ebbene, ciò che ho di più caro sei tu».
Preghiera
Signore, donaci lo sguardo di fede, capace di riconoscere la luce che sempre lo Spirito Santo diffonde in mezzo all’oscurità del nostro mondo. Signore, insegnaci a scoprire il Tuo volto in ogni essere umano, a sopportare le difficoltà del vivere insieme, ed aprire il cuore all’amore divino per cercare la ferità degli altri come la cerca il nostro Padre buono. Ti preghiamo, Signore per i ragazzi e i giovani che cercano la verità e il senso della loro esistenza, perché scoprano il tuo volto amorevole e aprano la porta del loro cuore per accogliere la tua chiamata.
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Premi e castighi
Prima di tutto è meglio evitare le promesse di premio, “Se ti comporti in questo modo ti comprerò il gelato…”, in quanto possono diventare equivoche, possono spingere all’utilitarismo: il premio diventa il fine. La forma migliore di ricompensa è senza dubbio quella di incoraggiare il ragazzo; questo incoraggiamento consiste, anzitutto, nel fargli notare ciò che egli ha già realizzato di buono, per esortarlo a continuare su tale strada. L’incoraggiamento costruisce la fiducia e il senso del proprio valore ed è un processo continuo tendente a dare al b.no un senso di sicurezza e di rispetto per se stesso. Nell’incoraggiamento gli educatori potrebbero imparare ad utilizzare con parsimonia parole troppo cariche di lodi e stima o con riferimenti a competizione o a confronti con gli altri, quali: “Eccellente, sei migliore di…, più buono di… grandioso, brillante”. Sembra più positivo utilizzare parole e frasi che esprimono stima, accettazione, fiducia, riconoscenza, quali: “Il modo in cui ti stai impegnando mi piace…; Sono felice che ciò ti faccia piacere; Da come ti conosco sono sicuro che farai bene; Ci vuole sacrificio, è vero, ma hai dimostrato altre volte di non aver paura”
Preghiera
Mio Signore Gesù, parlami della preghiera, dimmi ciò che vuoi che io ne pensi, come vuoi che io la pratichi! Pregare è guardarti, e poiché sei sempre qui, come posso se ti amo veramente, non guardarti incessantemente? Colui che ama e si trova di fronte all’Amato può fare altrimenti che fissare lo sguardo su di Lui? (Charles de Foucauld).
Il falco
Un servo disse al re: “Sire, nessuno riesce a smuovere il cucciolo di falco dal ramo dell’albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo”. Il re convocò veterinari e guaritori, ma nessuno riuscì a far volare il falco. Incaricò del compito i membri della corte, i generali, ma nessuno potè schiodare il falco dal suo ramo. Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema. Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino. “Portatemi l’autore di questo miracolo”, ordinò. Poco dopo gli presentarono un giovane contadino. “Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?” gli chiese il re. Intimidito e felice, il giovane spiegò: “Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare”. Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il ramo a cui siamo tenacemente attaccati, affinché ci rendiamo conto di avere le ali
Il figlio li rende mamma e papà
Il sorriso di un bimbo è limpido, gioioso, libero e spontaneo. Ad esso corrisponde il sorriso del cuore di mamma e papà: un sorriso dolce e gentile, casto e cordiale, tenero e fedele, espressione di un amore che trabocca e non vede l’ora di donarsi, di spendersi. La nascita di un bimbo è un fatto meraviglioso, che riserva ai genitori gioie inesprimibili e suscita speranze sopite, riempie di fiducia il futuro. Ogni bambino è testimone dell’innocenza. Perduta, smarrita, rifiutata, quest’innocenza dev’essere riconquistata con fatica. In questo sforzo dell’intelletto, della volontà, del cuore, l’immagine del bambino è ispirazione e sorgente di speranza. Egli “parla” ai genitori dello scopo della loro vita, rappresenta il frutto del loro amore. Permette inoltre di pensare al futuro: il bambino fa pensare all’avvenire!
Lo strozzino
Uno strozzino morì. La sua anima cadde nell’inferno. Gridò allora: “Giudice supremo delle anime, aiutami!”. Il Giudice supremo chiese: “Hai mai compiuto un’opera buona, in vita, cosicché ti possa aiutare adesso?”. L’anima dello strozzino pensò a tutto quel che aveva fatto in vita. Alla fine si illuminò e disse: “Sì, Giudice supremo, certo! Una volta stavo per schiacciare un ragno, ma poi ne ebbi pietà, lo presi e lo buttai fuori dalla finestra!”. “Bravo, rispose il Giudice. Pregherò quel ragno di tessere un lungo filo dalla terra all’inferno, e così ti ci potrai arrampicare”. Non appena il filo di ragno la toccò, l’anima dello strozzino cominciò ad arrampicarsi. Giunse a metà strada, e il filo continuava a reggere, quando vide che altre anime cominciavano ad arrampicarsi anch’esse lungo lo stesso filo. Allora gridò: “Andate via, lasciate stare il mio filo. Regge solo me. Questo filo è mio!”. Proprio in quel momento il filo si spezzò, e l’anima dello strozzino ricadde nell’inferno. Infatti il filo della salvezza regge il peso di molte anime buone, ma non regge un solo grammo d’egoismo.
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Modulistica per domande di insegnamento della Religione Cattolica
-Insegnanti di posto comune scuola dell’Infanzia e Primaria
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-Supplenze di Religione Cattolica nelle Scuole Primarie e Secondarie
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-Scheda rilevazione dati Idr di Ruolo
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-Domanda incaricati Scuole Primarie e Secondarie
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-Presentazione del parroco
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-Privacy consenso trattamento dati personali
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