Pastorale Scolastica

Diocesi di Piacenza-Bobbio

Il Santo viaggio Gennaio 2020

Meditazioni per il sostegno spirituale degli operatori scolastici
Il nome di Dio è… papà Tutte le volte in cui Gesù si è rivolto a Dio, lo ha sempre chiamato Padre. Dio può essere detto con diversi nomi: giudice, Signore onnipotente, creatore del mondo. Ma il nome che sorregge tutti gli altri nomi e li rischiara, è Padre. Il Regno che Gesù ha annunciato non è la signoria di un sovrano, ma la concreta vicinanza dell’amore di un padre. La signoria di Dio non è per dominare ma per donare, sempre per donare. La sua onnipotenza è quella dell’amore, la sua giustizia è per offrire perdono. Essere padre è il nome di Dio, ed essere figlio, sempre figlio, è il nome dell’uomo.

Canta e cammina
Cammina, ragazzo mio, su tutte le strade del mondo aperte al sorriso e al pianto.

Cammina e lascia cadere dalle tue mani d’uomo, le briciole della speranza e della vita perché qualcuno, vedendole, ti segua e non si smarrisca.

Cammina e non voltarti mai a misurare il sacrificio compiuto, a guardare se altri ti seguono, a pensare la distanza percorsa, a rimpiangere il punto di partenza, a restituire le malignità che ti hanno scagliato.

Cammina, ragazzo mio, e canta sempre l’alleluia della vita e della storia, l’alleluia della strada e della fatica, per essere capace un giorno di cantare senza fine l’alleluia del cielo, l’alleluia della patria, dell’universale coro delle creature nuove, dopo aver tanto camminato, nel sudore e nel pianto, per far nascere nuova anche la terra.

(A.Dini, Preghiera vestita, EDB, Bologna, p. 22)

Beati i perseguitati Il beato per eccellenza anche questa volta sei tu, Gesù, che hai sofferto persecuzione per essere fedele alla volontà del Padre. Anche i tuoi discepoli, secondo la tua promessa (Gv 15,20; 16,2), sono provati dalla persecuzione, che quasi autentica l’esperienza cristiana. In realtà nessuno ci tortura, almeno qui in Italia, e siamo liberi di testimoniarti. Però gli sguardi ironici, le parole ambigue, il clima in cui siamo immersi non facilita parlare di te. La fedeltà alla tua volontà non è mai stata facile e non lo è neppure oggi, perché per molti la fede è un segno di dipendenza, di insufficienza, di arretratezza. Ci criticano, tante volte giustamente, per i nostri errori; ci deridono perché non cavalchiamo il pensiero alla moda; non ci ascoltano neppure quando pronunciamo il tuo nome. Eppure è in te e solo in te che l’uomo troverà se stesso. Aiutaci, o Signore, ad essere testimoni coraggiosi.

Grazie! Confessione di un figlio tredicenne. Ieri sono stato a mangiare in un ristorante. Avrò detto cento volte “Grazie” alla cameriera, che non ci fece nemmeno caso: aveva ragione, è pagata per fare quel lavoro. Oggi mia madre, come sempre, si è alzata per prendermi un bicchiere d’acqua. Non so come, mi è sfuggito un “Grazie”. Mia madre si è messa seduta e mi è sembrato che quasi piangesse. Conclusione: per far piangere mia madre basta poco, basta dire un grazie ogni tredici anni. E tu, sai dire grazie al Signore?

Via con il vento Un giorno i piccoli semi dei Denti di Leone vennero ghermiti dal vento che li sparse ovunque. Il più piccolo di tutti i semi finì in una screpolatura di un marciapiede. C’era un pizzico di polvere, così meschino in confronto alla buona terra del prato. “Ma è tutta mia!” si disse il semino. E cominciò subito a lavorare di radici. Davanti alla screpolatura c’era una panchina, sulla quale sedeva spesso un giovane inquieto. Quando vide due foglioline dentate che si aprivano la strada nel cemento le calpestò e disse: “Non ce la farai! Sei come me!”. Ma il giorno dopo vide che le foglie si erano rialzate ed erano diventate quattro. Da quel momento osservò curioso la pianticella e quando vide, dopo qualche giorno, spuntare il fiore giallo, sentì sciogliersi l’amarezza che gli pesava in cuore. Diede un gran pugno sulla panchina e gridò: “Ma certo! Ce la possiamo fare!”. Sfiorò con le dita la testolina gialla del fiore. Per il piccolo e coraggioso Dente di Leone la carezza del giovane fu la cosa più bella della vita.

Non chiedere al Vento perché ti ha portato dove sei. Anche se sei soffocato dal cemento, lavora di radici e vivi. Tu sei un messaggio!

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Il Santo Viaggio Dicembre 2019

Amami mamma! La ragazza era di pessimo umore. Aveva tutte le sue spine fuori, proprio come un porcospino tormentato da un cane. Troppi compiti a casa, troppe interrogazioni, troppo tutto… ecco! La madre le ripeteva la solita predica, con ragionamenti, spiegazioni e raccomandazioni. La ragazza si fece ancora più scura. Poi guardò la mamma dritta negli occhi e scandì: “Mamma, sono stanca delle tue solite prediche. Perché invece non mi prendi tra le tue braccia e mi tieni stretta?”. Non far prediche, ma abbraccia le persone che ami; e quando sei in crisi sappi che Dio è pronto ad accoglierti nel suo abbraccio d’amore.
La ragione dell’asino Una volta gli animali fecero una riunione.
La volpe chiese allo scoiattolo: “Che cos’è per te Natale?” Lo scoiattolo rispose: “Per me è un bell’albero con tante luci e tanti dolci da sgranocchiare appesi ai rami”.
La volpe continuò: “Per me naturalmente è un fragrante arrosto d’oca. Se non c’è un bell’arrosto d’oca non c’è Natale”. L’orso l’interruppe: “Panettone! Per me Natale è un enorme profumato panettone!”. La gazza intervenne: “Io direi gioielli sfavillanti e gingilli luccicanti. Il Natale è una cosa brillante!”. Anche il bue volle dire la sua: “E’ lo spumante che fa il Natale! Me ne scolerei anche un paio di bottiglie”.
L’asino prese la parola con foga: “Bue sei impazzito? E’ il Bambino Gesù la cosa più importante del Natale. Te lo sei dimenticato?”.
Vergognandosi, il bue abbassò la grossa testa e disse: “Ma questo gli uomini lo sanno?”.
Solo l’asino conosce la risposta giusta alla domanda fondamentale: «Ma che cosa si festeggia a Natale?».
Anche noi oggi vogliamo chiederci: “Qual è l’elemento essenziale del Natale?” Proviamo a dire il nostro parere.
Il cristiano che opera nella scuola è un testimone Parlare di testimonianza significa introdurre due dimensioni essenziali a tutta la vita cristiana: quella dell’umiltà e quella della spiritualità. Con infinito rispetto di fronte a ciò di cui è testimone e con il distacco di coloro che conoscono i propri limiti, il testimone è quella donna o quell’uomo che confida nell’amore che ha ricevuto e che vuole donare. L’incontro con i colleghi o gli alunni diventa un’alleanza di fiducia, una visita in pura gratuità: così viene il giorno in cui quella visita viene riconosciuta e denominata come visita del Dio della vita. Il testimone non si impone, non ha la sicurezza di un venditore di cravatte. Poiché ciò che dice è quanto cerca di vivere, non si propone come unico modello di credente. Ma la sua modesta storia, la sua vita, in tutta la sua contingenza, dirà qualcosa di universale, di grande, di bello: che l’amore di Dio riempie la vita le dona senso e pienezza.
(H.Derroitte, La catechesi liberata, LDC, p. 24)
Guarda… Un beduino si trovò, un giorno, camminando nel deserto, nella grotta di un eremita. Si guardò intorno, poi disse: “Come fai a vivere qui, solo, povero, lontano da tutti?”. “Io non sono povero, rispose l’eremita, ho grandi tesori: guarda là”. L’eremita indicò una fessura, che si apriva sul fianco della grotta e chiese: “Che cosa vedi?”. “Niente, rispose il beduino, solo un pezzo di cielo”. “Un pezzo di cielo? Non ti sembra un tesoro meraviglioso?”. Noi abbiamo tutta la volta celeste, abbiamo un Dio che ci sorride, che vuole abitare nella nostra vita. E guardiamo la tv…

Martire o pecora

 Tu, Signore, sei stato molto chiaro:
non hai usato sfumature di linguaggio
né hai fatto niente di accomodante.
Insegnami, o Signore,
in quest’ora grigia del mio tempo
ad andare contro corrente,
a salire i sentieri più deserti,
a sperare ciò che chiamano assurdo,
a credere ciò che sembra utopia,
ad amare come ami tu,
a lottare contro le ingiustizie anche quando
ci rimetto,
a costruire anche da solo ciò che è vero,
a cantare anche da solo ciò che è bello,
a vivere anche da solo ciò che mi hai detto,
giacchè sono convinto
che il martire avrà il suo domani
e la sua storia
mentre la pecora ha solo il suo oggi
e il suo macellaio.

Amen

 

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Il Santo Viaggio Novembre 2019

L’anima e lo specchio “Guarda dalla finestra, che cosa vedi?” disse il maestro al discepolo. “Vedo una donna con un bambino, un ‘automobile che passa ed un contadino che va al mercato”. “Bene, adesso guarda nello specchio. Che cosa vedi?”. “Che cosa vuoi che veda? Me stesso, naturalmente”. Il maestro concluse: “Ora pensa: la finestra è fatta di vetro ed anche lo specchio è fatto di vetro. Basta un sottilissimo strato di argento sul vetro è l’uomo vede solo se stesso. Non permettere che la finestra del tuo cuore diventi uno specchio!

Gesù è il più grande dono di Dio L’amore che si dona non rende poveri, ma più ricchi e vitali. Sentiamo la gratitudine per Dio che si è fatto uomo? Siamo capaci di declinare nella nostra vita l’amore come dono di sé, del quale Dio, in Gesù, si è fatto modello? Non è facile pensare che è proprio nel donarla che la vita si realizza. Eppure ci sono tanti esempi in natura: il fiore è animato dalla forza di aprirsi e profumare; il seme dalla spinta a uscire ed innalzarsi… Un fiore non sboccia per beneficiare gli altri, l’usignolo non canta per rallegrare i campi. Un fiore sboccia perché è nello sbocciare che realizza se stesso; un usignolo canta perché è cantando che esprime se stesso. Allo stesso modo l’uomo. Dona la vita perché è nel donarla che la realizza:

L’albero dà frutti e non si sente creditore: la sua vita è donare. Se il passante gli toglie il peso del frutto,   questa è la sua fortuna più che ricevere” (Tagore)

L’albero dà frutti non perché deve darli, ma perché ciò corrisponde al suo essere. Così amiamo gli altri: non per dovere, ma perché è nell’amore che sentiamo di essere donne e uomini realizzati. Così è stato anche per Gesù.

“L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono due battenti di una porta, che non si possono aprire e chiudere se non insieme” (S. Kierkegaard)

“L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono due battenti di una porta, che non si possono aprire e chiudere se non insieme” (S. Kierkegaard)

Il pacco regalo Un giorno il postino suonò il campanello di un anziano signore, che viveva sempre in casa, solo. Quando la porta si aprì il postino fece un generoso sorriso e consegnò il grosso pacco dono che aveva portato al vecchio, il quale però lo accolse con un’aria mesta. “Dovrebbe essere contento di ricevere un regalo!”, esclamò il postino.

“E’ di mia figlia” rispose il vecchio, “vive in un’altra città ed è sempre impegnata; non ha mai tempo per venirmi a trovare. Venga a vedere…”. Condusse il postino vicino a un grande armadio. Lo aprì: era pieno di pacchi dono. “Ma… non li ha nemmeno aperti!” sbottò il postino.

“Perché avrei dovuto?” disse sommessamente il vecchio, “tanto non c’è amore, dentro…”. 

“Non conta nella vita fare cose grandi o piccole, vistose o insignificanti, ma soltanto conta l’amore con cui esse si effettuano” (Giovanni XXIII)

L’amore è una scelta di libertà Il genitore ama il figlio, ma lo ama in quanto sceglie di amarlo: per questo gli è data la libertà. L’amore, per essere tale, deve essere una scelta di libertà. Allo stesso modo la libertà del figlio non è nel fuggire di casa, ma nel dire a suo padre e sua madre: “Accetto di essere vostro figlio”. La libertà gli offre l’opportunità di uscire dalla logica schiavo-padrone ed entrare nella logica padre-madre-figlio. Così sia la tua relazione con Dio: non uno schiavo che si sottomette ad un padrone, ad un tiranno, bensì un figlio che accoglie l’amore infinito di un Padre.

Semplicemente così Caro Gesù, quest’anno voglio scrivere a te. Per tanti motivi. Prima di tutto perché so che tu mi leggerai di sicuro e la mia lettera non rischierà di finire come le tue. Ce ne hai scritte tante, di lettere d’amore, ma noi non le abbiamo neppure aperte. Poi, perché so che tu vai sempre al nocciolo, o alla radice, e sei imbattibile a leggere sotto le righe. E anche stavolta, ne sono certo, sotto le righe sai scorgere il mio cuore gonfio di paure e di speranze, di preoccupazioni e di tenerezze. Ma soprattutto, scrivo a te perché so che a Natale verranno a salutarti moltissime persone, ed io te le raccomando, una ad una. Dona loro la gioia di te. Ispira in loro i brividi dei cominciamenti, le freschezze del mattino, l’intuito del futuro. Metti nel cuore di chi sta lontano una profonda nostalgia di te. Asciuga le lacrime segrete di tanta gente, che non ha il coraggio di piangere davanti agli altri. Entra nelle case di chi è solo, di chi non attende nessuno, di chi a Natale non riceverà neppure una cartolina e, a mezzogiorno, non avrà commensali. Buon Natale, fratello mio Gesù, che abiti non solo nella gloria dei cieli, ma anche nella vita sfigurata degli ultimi. Amen.

(Adattato da: T.Bello, Parole d’amore)

 

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Il Santo viaggio Ottobre 2019

I vostri figli non sono vostri… I vostri figli non sono i vostri figli. Sono i figli e le figlie della fame che di se stessa ha la vita. Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi. E non vi appartengono, benchè viviate insieme. Potete amarli, ma non costringerli ai vostri pensieri. Poiché essi hanno i loro pensieri. Voi siete gli archi da cui i figli, le vostre frecce vive, sono scoccati lontano. L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero infinito, e con la forza vi tende, affinchè le sue frecce vadano rapide e lontane. In gioia siate tesi nelle mani dell’Arciere. Poiché, come ama il volo della freccia, così l’immobilità dell’arco (K. Gibran, Il profeta, Feltrinelli). ”Vi assicuro che se due di voi, in terra, si troveranno d’accordo su quel che devono fare e chiederanno aiuto nella preghiera, il Padre mio che è in cielo glielo concederà. Perché, se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, io sono i mezzo a loro” (Mt 18,19-20). Cerca chi, nella tua scuola, può condividere la fede nel Risorto. Vi sosterrete a vicenda, se possibile con la preghiera comune; ma semplicemente guardandovi negli occhi troverete nella vostra unità, innestata nello Spirito di Cristo, il coraggio e la forza per donarvi senza riserve, per essere educatori veri. Scoprirete così la bellezza della comunione fraterna “vissuta grazie a quei continui ricominciamenti che sono le riconciliazioni” (R. Schutz). Vivendo e lavorando insieme ne avrete continua necessità. Diverrete esperti, con il frequente esercizio, di ascolto e di perdono. Il perdono è la prua dell’amore. E “l’amore è la prima e più comune forma di emozione che conduce alla collaborazione” (B.Russel).

Dormivo e sognavo che la vita era gioia. Mi svegliai e vidi che la vita era servizio. Volli servire e vidi che la vita era gioia” (Tagore)

La storia del rasoio pigro Nella bottega di un barbiere c’era un bel rasoio. Un giorno tirò fuori la sua lama, che riposava nel manico come in una guaina e rimase meravigliato dei bagliori che il sole produceva specchiandosi in essa. Pensò: “Ed io dovrei consumarmi nel tagliare barbe a zoticoni che affollano questa bottega?”. Così si nascose e per molti mesi non si fece trovare. Finalmente un giorno decise di uscire dal suo manico. Ahimè! La lama, divenuta scura come una sega arrugginita, non rispecchiava più lo splendore del sole.La stessa fine è riservata alle persone che, invece di spendere e donare le loro qualità, preferiscono venire corrose dalla ruggine dell’indifferenza e dell’egoismo. (Liberamente tratta da una favola di Leonardo da Vinci)

La fede in azione è amore; l’amore in azione è servizio (Madre Teresa di Calcutta)

Tutti siamo figli Non tutti gli uomini vivono direttamente l’esperienza della paternità, tutti però sono figli. Sappiamo tutti che cosa significa avere alle spalle una figura di padre che ci ama. Chi l’ha perduta ricorda sempre di averla avuta. Chi non ha mai avuto la gioia di conoscerla, la sogna sempre. E chi ne fosse rimasto deluso, continua a immaginare come molte cose sarebbero cambiate se fosse stato diverso. Gesù ha vissuto un rapporto bello con il Padre, quel Dio di cui anche noi siamo figli. Sperimentiamo il suo amore nella nostra vita?

Questo sussidio, che l’Ufficio Diocesano di Pastorale Scolastica predisporrà ogni mese, per la durata dell’intero anno scolastico, vuole essere un’occasione rivolta ai cristiani che operano nella scuola, per fermarsi un poco, per sostare, e raccogliere la propria vita e il proprio agire intorno a Gesù Cristo, che li motiva e dona loro senso. Leggere e meditare queste semplici righe può inoltre farci sentire più Chiesa, perché consapevoli che altri, in tutte le scuole della Diocesi, cercano di vivere con coraggio e passione, pur tra mille difficoltà, la loro fede.

Il direttore dell’Ufficio Diocesano della Pastorale Scolastica  (G. Marchioni)

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Il santo viaggio Maggio 2019

La fede Fede non è la scelta di un programma che mi soddisfi o l’adesione a un club di amici fra i quali mi senta compreso; non è la generica dichiarazione di credere all’esistenza di Dio, né pretendere che Dio agisca secondo i nostri tempi, realizzando le nostre idee. Fede significa abbandonarsi in Dio e perdersi nella fiamma del suo amore. Il nostro essere ad immagine e somiglianza di Dio che è amore ci rende capaci e bisognosi di amore e di amare. Il fiore è animato dalla forza di aprirsi e profumare, l’uccello dalla voglia di cantare. Ma un fiore non sboccia per beneficiare gli altri e l’usignolo non canta per rallegrare i campi. Un fiore sboccia perché è nello sbocciare che realizza se stesso; un usignolo canta perché è nel cantare che esprime se stesso. Allo stesso modo l’uomo ha da amare donando la vita, perché è nel donarla che la realizza. Come l’albero dà i frutti non perché deve, ma perché corrisponde al suo essere, così l’uomo ha da amare non per dovere, ma per interna esigenza. L’amore è iscritto nella nostra struttura, è intessuto nelle nostre fibre e noi non possiamo disfarcene: “L’uomo porta in sé Dio, come la lucciola la luce: egli può spegnerla. Ma essa rimane” (R. Follereau).

Dove arriva l’amore L’alpinista inesperto, vedendo la cima del monte, pensa di giungervi facilmente; ma più avanza più la meta sembra allontanarsi sempre più. Così noi crediamo di essere esperti d’amore. Ma per scalare le cime, esplorare le profondità, godere delle ricchezze dell’amore, abbiamo bisogno di una guida: Gesù. Stare in intimità con lui ci aiuterà a scoprire fin dove può arrivare l’amore: cioè a dare la vita per i fratelli.

Figli Il genitore ama il figlio, ma lo ama in quanto sceglie di amarlo: per questo gli è data la libertà. L’amore, per essere tale, deve essere una scelta di libertà. Allo stesso modo la libertà del figlio non è nel fuggire di casa, ma nel dire a suo padre e sua madre: “Accetto di essere vostro figlio”. La libertà gli offre l’opportunità di uscire dalla logica schiavo-padrone ed entrare nella logica padre-madre-figlio. Così sia la tua relazione con Dio: non uno schiavo che si sottomette ad un padrone, ad un tiranno, bensì un figlio che accoglie l’amore infinito di un Padre.

Lo spreco Un giovane monaco fu inviato per alcuni giorni in un monastero delle Fiandre a tessere un importante arazzo insieme ad altri monaci. Un giorno si alzò indignato dal suo scranno. “Basta! Non posso andare avanti! Le istruzioni che mi hanno dato sono insensate!” esclamò. “Stavo lavorando con un filo tutto d’oro e a un tratto devo annodarlo e tagliarlo senza ragione. Che spreco!”. “Figliolo”, replicò un monaco più anziano, “tu non vedi questo arazzo come va visto. Sei seduto dalla parte del rovescio e lavori soltanto in un punto”. Lo condusse davanti all’arazzo che pendeva ben teso nel vasto laboratorio, e il giovane monaco rimase senza fiato. Aveva lavorato alla tessitura di una bellissima immagine dell’adorazione dei Magi e il suo filo d’oro faceva parte della luminosa aureola intorno alla testa del Bambino. Ciò che al giovane era sembrato uno spreco era meraviglioso.

La vita è sempre nuova Busso a tutte le porte. Percorro tutte le strade. Sono un giramondo affamato: a tutti stendo la mano, ma non raccolgo che briciole ammuffite. Ho fame di un cuore aperto, di un’amicizia pulita, di una verità assoluta, di una bellezza riposante. Ho fame di una pace che fiorisce, di una speranza che risplende, di un volto che sorride, di una mano che accarezza. Sei tu, Signore, colui che cercavo. Sei come l’onda del mare, che da lontano viene, che si spezza quando m’incontra, che riflette la luce del sole, che nasconde una vita che è mistero, che in ogni istante è nuova, che sorride al mio gioco infantile, che risponde alla mia ricerca cullandomi con pacata dolcezza. Ti ho incontrato ad ora tarda, Signore, ma ancora in tempo per gridare a tutti che tu sei la vita. Amen.

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