La mappa del Vangelo Disse qualcuno che “la vita ci è data per cercare Dio, la morte per trovarlo, l’eternità per possederlo” (J. Nouet). Perciò, come un atleta si prepara, allenandosi, alla gara, così l’uomo abita una frazione di tempo per prepararsi all’incontro con Dio. La tua vita terrena è come un monte da scalare per godere l’aria pura della vetta; tu sei come un fiore che deve farsi largo nella terra per sbocciare nella visione di Dio. L’atleta segue le indicazioni dell’allenatore. Anche il fiore s’incunea dove la terra è più friabile e si rivolge irresistibilmente verso la luce. Così anche tu hai da lasciarti istruire e guidare da Dio che ti indica la via, percorrendo la quale la tua esistenza sboccerà in pienezza. Per raggiungere questa pienezza hai bisogno di una mappa, di una lampada che faccia luce ai tuoi passi, altrimenti incerti. Questa mappa è il Vangelo, custodito dalla Chiesa.
I tre discepoli Dopo un lungo periodo di vita comune, passato nello studio e nella meditazione, tre discepoli avevano lasciato il vecchio maestro per incominciare la loro missione nel mondo. Dieci anni più tardi i tre discepoli tornarono a far visita al maestro. L’anziano monaco li fece accomodare intorno e ognuno raccontò la propria esperienza. “Io”, cominciò il primo, “ho scritto tanti libri e venduto milioni di copie”. “Tu hai riempito il mondo di carta”, disse il maestro. “Io”, prese a dire il secondo, “ho predicato in migliaia di posti”. “Tu hai riempito il mondo di parole”, disse il maestro. “Io ti ho portato questo cuscino perché tu possa appoggiare senza dolore le tue gambe malate”, disse il terzo. “Tu”, sorrise il maestro, “tu hai trovato Dio”. In ginocchio, davanti agli apostoli, Gesù si definisce loro maestro facendosi loro servitore (G. Bessieres)
I segni del passaggio di Dio Vai oltre ciò che sei. Vai oltre ciò che sai. Vai oltre ciò che fai. Non fermarti mai, perché tuo destino è l’essere pellegrino. Vai nel deserto della città, piena di gente e vuota d’amici; nel deserto della casa, colma di cose e vuota di sorriso; nel deserto della fabbrica ove soffia il vento del conflitto permanente e mai la brezza dell’amore, nel deserto della strada ove passano tante generazioni ma tutte incomunicanti. Devi andare ogni giorno per ricercare i segni del passaggio del tuo Dio. Devi andare perché c’è una pietra che aspetta te per essere spaccata sì da far uscire la fontana dell’acqua viva. Devi andare e non aver paura di quello che dicono gli altri, di quel che fanno gli altri, perché Dio è con te e nulla è contro di te. Aiutami, Signore, ad uscire allo scoperto, sotto il sole e le stelle di ogni ora, nella mischia e nella tempesta di ogni giornata, per essere volto e voce del tuo vangelo. Amen
Il fabbro All’epoca dei castelli di pietra e dei prodi guerrieri un baldo ragazzotto decise di diventare fabbro. Cominciò facendo l’apprendista ed imparò velocemente le tecniche del mestiere. Era veramente bravo: sapeva forgiare spade perfette ed elmi leggeri e resistenti. Così trovò un posto nell’officina del palazzo reale. Tutta la sua abilità, però, si rivelò inutile perché non aveva imparato la cosa più semplice: l’uso dell’acciarino per accendere il fuoco, indispensabile per il suo lavoro. E’ ovvio che i nostri giovani devono assimilare certe competenze, devono prepararsi a vivere nel ventunesimo secolo. Ma se non offriamo loro nient’altro, se neghiamo l’aspetto spirituale, non facciamo che occuparci dei dettagli dell’esistenza, come se essa non avesse un centro. In talune culture il processo di scoperta di questo centro spirituale è semplicemente chiamato ‘imparare ad essere umani’.
Vivi! Sorella mia! Fratello mio! Ama e soffri. Prega e sorridi. Lavora e spera. Costruisci e canta. Adora e fai silenzio. Rifletti e parla. Cresci e rimani fanciullo. Sii utile e non accorgerti di esserlo. Dai la tua mano e non aspettarti niente. Fai il tuo lavoro e loda quello fatto da altri. Fratello mio! Sorella mia! Lasciati bruciare dal sole e incantare dalle stelle. Lasciati cullare dal mormorio del vento e accarezzare dalla brezza del mattino. Lasciati incantare dalla bellezza di un fiore e commuovere dalla poesia di un sorriso. Vivi l’attimo del tuo impegno per scoprire vicino a te il volto del Padre, che ha i lineamenti di chi ti passa accanto. Vivi l’oggi del tuo respiro con il cuore che batte i rintocchi del domani che avanza.
Read More
Il ricco e il povero Due amici si ritrovarono dopo una lunga separazione. Uno era diventato ricco, l’altro era povero. Mangiarono insieme, e rievocarono i ricordi comuni. Poi il povero si addormentò. L’amico, colmo di compassione, prima di partire gli fece scivolare in tasca un grosso diamante di valore inestimabile. Ma al risveglio il povero non trovò quel tesoro e continuò la vita di sempre. Un anno dopo le circostanze fecero nuovamente incontrare i due amici. “Dimmi: perché”, chiese il ricco all’amico, vedendo che era ancora in miseria, “non hai trovato il tesoro che ti avevo messo in tasca?”.
Ogni incontro tra persone è un’esperienza simile. Ogni uomo o donna che vivono con noi ci regalano tesori preziosi. Il più delle volte, però, non ce ne accorgiamo
Il seme del mattino Vorrei fare della terra un giardino che canta ciò che è buono, che esalta ciò che è vero. Vorrei spazzare la mia città, togliendo dalle case e dalle strade l’ubriacone e il violento, il menefreghista e l’avaro, il prepotente e l’ingiusto. E vorrei cambiare il prossimo inetto e maleducato, quello scorbutico e fannullone, quello pieno di pretese, che non sa apprezzare il mio lavoro… Vorrei fare della terra un giardino che profuma ogni mattino, che rallegra ogni sera. Ma è giusto, Signore, che avvenga così? E’ una pretesa, la mia, orgogliosa e sciocca, farisaica e intollerante. Tu sei molto più paziente di me e fai piovere sul campo del giusto e dell’ingiusto. Io devo solo gettare dovunque i semi dei fiori, anche se cadono sulle pietre e fra le spine e la zizzania. Ci sarà pur sempre un po’ di terra che, accogliendo il seme, diventerà giardino. Aiutami, Signore, ad essere soltanto e sempre il buon seme di ogni mattino.
La sapienza cristiana Accade che l’uomo, lungo il cammino della sua esistenza, conosca smentite dolorose delle proprie attese e dei propri disegni; smentite che fanno apparire lo stile di vita più diffuso, più comune, come un inganno. La sapienza è appunto quel sapere riflesso che consente di evitare l’inganno della vita, cioè il ritrovarci spiazzati, sconfitti nel tempo della difficoltà, della prova. Al cristiano la sapienza dice che l’inganno della vita afferra quando non c’è stato il dialogo con Dio, quando non è stata riconosciuta la presenza di Dio nella storia personale, quando il suo profumo non ha colorato di senso l’esistenza. La sapienza cristiana, che rivela all’uomo di essere fatto per Dio, ha un nome: Gesù. Gesù è la sapienza eterna che si è incarnata. Gesù è il mio compagno di viaggio, colui che permette all’uomo di ricostruirsi, di rialzarsi, dopo aver preso coscienza delle rovine causate dal suo orgoglio e dalla sua vanità.
La felicità Questo cerca l’uomo: la felicità. La felicità non è veder realizzate le proprie idee e neppure avere il potere. E’ addirittura diversa dalla gioia, che pure è fresca e bella, ma non definitiva. Forse la pienezza della felicità non si può raggiungere su questa terra. Ma se ne può gustare il sapore, quando intuiamo che l’esistenza ha un senso, pur tra le inevitabili difficoltà. E se ne può avvertire il profumo, quando avvertiamo che seguire Cristo corrisponde alla nostra esigenza di pienezza, alla nostra sete di realizzazione. Bisogna però che vendiamo il nostro orgoglio, i nostri attaccamenti, i nostri egoismi. Chi è pieno di sè e delle sue cose basta a se stesso, non ha bisogno di un Dio che gli riempie la vita. Invece chi si sente smarrito e povero può gustare l’amicizia di quel Gesù che gli tende la mano e gli dice: “Ti amo”.
Vigila bene chi ama Vigila bene chi ama. E’ dell’amore vigilare. Lo fa una sposa quando s’impegna a rendere la casa accogliente, a preparare tutto ciò che può servire al suo sposo: fa ogni cosa in vista di lui. Quando arriverà, nel suo saluto festante ci sarà tutto il lavoro della sua giornata. Così fa una mamma, quando riposa un attimo dall’accudire il suo figlio malato: dorme, ma il suo cuore veglia. Così agisce chi ama Gesù. Fa tutto in funzione di lui, cercato in ogni istante, momento per momento, allo scopo di fare la sua volontà. Vegliare significa allora impegnarsi ad amare, cercare di capire quello che Dio vuole da noi, come Dio vuole che amiamo. Molti dicono: “Ma io non ho mai avvertito la presenza di Dio, non mi sono mai accorto che lui mi volesse dire qualche cosa”. Se vuoi chiamare un amico, devi prima comporre il numero del telefono; così, se vuoi sentire la voce di Dio, hai da cercare la sintonia con lui. Oggi, dal momento in cui ti sei svegliato/a, quante volte hai cercato di ascoltare la sua voce nella tua vita?
Read More
La somiglianza Un missionario viaggiava su un veloce treno giapponese e occupava il tempo pregando con il breviario aperto. Uno scossone fece scivolare sul pavimento una immaginetta della Madonna. Un bambino seduto di fronte al missionario si chinò e raccolse l’immagine. Curioso come tutti i bambini, prima di restituirla la guardò. “Chi è questa bella signora?”, chiese al missionario. “E’… mia madre” rispose il sacerdote, dopo un attimo di esitazione. Il bambino lo guardò, poi riguardò l’immagine. “Non le somigli tanto”, disse. Il missionario sorrise: “Eppure, ti assicuro che è tutta la vita che cerco di assomigliarle, almeno un po’”. Tu, a chi assomigli?
Preghiera Ti ho scoperto, Signore, come Iddio che ama e dona a mani piene e che non vuole da me una risposta a mani vuote. Così ho imparato a parlarti con parole che hanno la pienezza dei miei peccati e delle mie stoltezze, delle mie ansie e delle mie piccole gioie, del litigio familiare d’oggi e del bacio di mio marito. Ho imparato a parlarti, Signore, provocato dai fatti più banali e più seri, degli incontri più comuni e più inattesi, dalle passioni più violente e più intime, da ciò che ho veduto sulla piazza e nella vetrina del negozio, dalla disperazione che mi ha preso e dalla gioia che mi esalta… Così ho scoperto che pregare non è porsi fuori del tempo o sulla strada dell’evasione, ma un camminare sul marciapiede della storia, ove sei anche tu, “mio Signore e mio Dio” (Gv 20,28).
L’umiltà Il primo giorno di scuola, in un paesino di campagna, un bambino camminava verso la scuola, di buon mattino, accompagnato dalla mamma. Il bambino era completamente assorbito dai lunghi passi della sua enorme ombra proiettata dal sole del mattino, che lo faceva sembrare e sentire un gigante di trenta metri. Improvvisamente la madre si fermò. Guardò il figlio dritto negli occhi e disse: “Figlio mio, non guardare la tua ombra di mattina, guardala a mezzogiorno”. Nella comunità cristiana siamo come in un’orchestra: se ciascuno di noi volesse essere il primo violino, non sarebbe possibile formare l’orchestra!
Lo scopo dell’educare Lo scopo dell’educazione è offrire alla persona la possibilità di innestarsi in modo autonomo, libero e critico nella società, favorendo l’acquisizione di un’identità fondata su valori e tesa alla realizzazione di sé attraverso un progetto di vita. L’educatore condivide questa avventura. La parola condivisione significa letteralmente “l’azione di dividere qualcosa con piena partecipazione”. Chi pratica la condivisione riconosce di essere partecipe della vita altrui, mentre partecipa all’altro la propria vita. Io ti chiamo per nome, ti individuo come soggetto in una realtà indistinta; e intanto ti riconosco, ti rendo consapevole di esistere, di esserci, ti dimostro che sei qualcuno per me. Il primo compito dell’educatore, dunque, è quello di risvegliare nell’educando la consapevolezza di sé, della propria unicità, della propria originalità.
Il mio Dio mi ascolta… Il mio Dio ascolta volentieri chi bussa al suo cuore vestito con gli abiti di casa senza il cappotto domenicale: da uomo, così com’è, senza aver chiesto in prestito parole altrui, lisciate a festa. Prego con linguaggio feriale, ma col cuore in festa. Per questo non indosso una tuta speciale nel presentarmi a lui. Gli parlo così, con il linguaggio della mia strada, sospinto dalle realtà concrete che vedo, mosso dai sentimenti improvvisi che sento.
Read More
Il missionario Un missionario che era vissuto in Cina per molti anni e un famoso cantante che vi era rimasto soltanto per due settimane tornavano negli Stati Uniti a bordo della stessa nave. Quando attraccarono il missionario vide una gran folla di ammiratori in attesa del cantante. “Signore, non capisco”, mormorò il missionario. “Ho dedicato 42 anni della mia vita alla Cina, e lui ci è rimasto soltanto due settimane, eppure ci sono migliaia di persone che gli danno il bentornato a casa, mentre per me non c’è nessuno”. E il Signore rispose: “Figliolo, ma tu non sei ancora a casa!”. Un giorno un turista entrò nella casa di un santo uomo e si stupì quando vide che era composta soltanto di una stanza piena di libri. Gli unici mobili erano un tavolo ed una panca. “Dove sono i tuoi mobili?”, chiese il turista. “E i tuoi?, replicò il santo. “I miei? Ma io sono qui solo di passaggio”, disse il turista. “Anch’io”, disse il santo.
Tu mi dai la forza Signore In questa mia stagione, Signore, ci sono tante ombre che calano nel cuore, tanti sbalzi di colore sul mio volto, come se la terra tremasse sotto i piedi. In questa mia stagione, o Signore, ascolto tanti messaggi differenti, tante voci aperte all’avventura, tante esche da abboccare. In questa mia stagione, o Signore, voglio aprirmi alla parola tua, voglio mettere la mia mano nella tua per non sentirmi solo e ingannato. In questa mia stagione, o Signore, mi unisco a tante mani di fratelli per far andar la terra in altro modo, sì che ci sia più spazio alla speranza. In questa mia stagione, o Signore, mi sento tanto piccolo e incapace, ma tu dai sempre forza e mi fai grande perché con me sei tu, amico mio. Posso finalmente guardare, o Signore, fuori dalla mia porta, con gli occhi luminosi e vivi, e camminare a passo svelto con il cuore che canta verso la stagione che presto anche per me verrà. Amen.
Il negozio degli angeli Un giovane sognò di entrare in un grande negozio. A far da commesso, dietro un bancone, c’era un angelo. “Che cosa vendete qui?”, chiese il giovane. “Tutto ciò che desidera”, rispose cortesemente l’angelo. Il giovane cominciò ad elencare: “Vorrei la fine di tutte le guerre del mondo, più giustizia per gli sfruttati, più tolleranza…”. L’angelo lo interruppe: “Mi dispiace, signore. Lei mi ha frainteso. Noi non vendiamo frutti, noi vendiamo solo semi”. Il Regno è sempre un inizio, un minuscolo, quasi trascurabile inizio. Dio stesso è venuto sulla terra come un seme, un fermento, un minuscolo germoglio. Un seme è un miracolo. La tua anima è un giardino in cui sono seminate le imprese e i valori più grandi. Li lascerai crescere?
Incontrare il Signore Nella mia giornata piena, Signore, non ti ho mai cercato, non ti ho mai pensato, non ti ho mai parlato. Mille cose dai colori diversi, mille voci dai toni suasivi e accalorati, mille volti con altrettante storie nascoste e pesanti, mi hanno catturato e interessato… Tutto e tutti mi hanno rubato qualcosa, riducendomi a poco a poco, sfinito e snervato, come a larva d’uomo. Con parole sommesse, con voce appena percettibile, faccia a faccia con la terra che sa di amaro, grido il mio lamento, o Signore, come un giorno hai fatto anche tu. E tu, Signore, mi hai ascoltato, mi hai guardato e vicino a me sei venuto, e mi hai portato nella grande stanza del tuo cuore, sì che potessi riprendere il mio volto d’uomo che avevo nascosto sotto la coltre pesante della mia interiore stanchezza. Con mano paziente e delicata hai ricostruito in me il tessuto che si era consunto, hai fatto riscaturire in me la fontana del tuo amore perché chi cerca te in me non resti deluso e amareggiato, ma beva e si rinfranchi, cammini e sia felice. (A.Dini, Preghiera vestita, EDB, Bologna)
Alleluia! Tu sei rimasto, Signore, e quella sera è cambiata in un nuovo mattino. Perché non ti ho riconosciuto, Signore, prima che tu sparissi ai miei occhi, quando camminavi accanto a me? Ti cercavo dove non eri: nella reggia del potere, sulla poltrona della cultura, sulle creste dell’onda quotidiana, sulle strade della gloria e del trionfo. Invece eri lì, a due passi da me, seduto alla stessa tavola, vestito come me. Eri lì, accanto a me, nella stanza del mio tramonto, nel gesto banale e quotidiano di una piccola gioia donata. La risurrezione che attendevo ora so che ha un nome: si chiama amore. Il resto, Signore, tutto il resto non è che menzogna. Per amare vale la pena vivere. Per amare vale la pena soffrire. Ed ora, Signore, ai crocicchi delle strade e delle piazze, agli uomini che incontro e alle stelle che ammiro, agli animali che custodisco e alle piante che coltivo, ai venti e alle tempeste, al sole e alla luna, grido e canto alleluia, alleluia
Read More
Meditazioni per il sostegno spirituale degli operatori scolastici
Tutto canta Guardo le mie mani, il mio cuore, il mio mondo, e inorridisco di vergogna. Ho sporcato tutto, Signore. Ma, nell’oceano sconfinato dell’amarezza disperata che oggi è nata, si accende una luce: è la prima alba di un mondo nuovo che tu, o Signore, malgrado tutto riesci a fare. Esco di casa: guardo gli uomini e le cose e nulla m’impaurisce. Sento che tutto canta. Vedo che tutto sorride. Scopro che tutto è nuovo perché tu, o Signore, hai cancellato “l’ieri” di una creazione sbagliata per colpa di un uomo come me, e getti il seme di cieli nuovi e di una terra nuova. Grazie, Signore!
Un cuore nuovo I nostri sono giorni in cui dobbiamo proclamare che la vita è in pericolo, che la terra è minacciata. Ma anche che un altro mondo è possibile. La terra veste abiti da guerra, un vestito troppo vecchio ormai e senza futuro, che si crede forte ed è logoro. Dai suoi strappi traspare solo la morte. Ma un altro vestito è possibile, un altro cuore, un’altra umanità. Forse abbiamo versato vino nuovo in otri vecchi, rattoppato un cuore d’uomo troppo lacerato, uno straccio di cuore, cui siamo rimasti inutilmente attaccati. E abbiamo sciupato e rovinato il vangelo, come vino perduto. Altra strada non c’è che quella di un cuore nuovo. E verrà se insisto a cercare, ad ascoltare Uno che mi parli sul cuore. Verrà se prenderò il Vangelo come mio abito, se indosserò le beatitudini, se comporrò le mie parabole di vita, con il cuore di Cristo, con le mani giunte.
Paradiso e inferno Dopo una lunga vita un valoroso samurai fu destinato al paradiso, ma per arrivarci doveva attraversare l’inferno. Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una tavola imbandita con piatti colmi di cibi succulenti. Ma i commensali, seduti tutt’intorno, erano smunti e scheletrici da far pietà. “Vedi, disse l’angelo che lo accompagnava, quando arrivano qui tutti ricevono due bastoncini per mangiare, che sono lunghi un metro e devono essere impugnati all’estremità. Solo così possono portarsi il cibo alla bocca.” La punizione era davvero terribile: per quanti sforzi facessero nessuno riusciva a portarsi nulla alla bocca. Quando giunse in paradiso il samurai fu sorpreso. Il paradiso era assolutamente identico all’inferno ed anche qui i commensali avevano bastoncini lunghi un metro, che dovevano essere rigorosamente impugnati all’estremità. Eppure la gente era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia. “Ma come è possibile?” chiese il samurai. L’angelo sorrise: “All’inferno ognuno si affanna ad afferrare il cibo ed a portarselo alla bocca, perché si sono sempre comportati così nella vita. Qui, al contrario, ciascuno prende il cibo con i bastoncini e poi si preoccupa di imboccare il proprio vicino. Paradiso e inferno sono nelle tue mani. Oggi.
Preghiera Il beato per eccellenza sei tu, Gesù, che hai sofferto persecuzione per essere fedele alla volontà del Padre. Anche i tuoi discepoli, secondo la tua promessa (Gv 15,20; 16,2), sono provati dalla persecuzione, che quasi autentica l’esperienza cristiana. In realtà nessuno ci tortura, almeno qui in Italia, e siamo liberi di testimoniarti. Però gli sguardi ironici, le parole ambigue, il clima in cui siamo immersi non facilita parlare di te. La fedeltà alla tua volontà non è mai stata facile e non lo è neppure oggi, perché per molti la fede è un segno di dipendenza, di insufficienza, di arretratezza. Ci criticano, tante volte giustamente, per i nostri errori; ci deridono perché non cavalchiamo il pensiero alla moda; non ci ascoltano neppure quando pronunciamo il tuo nome. Eppure è in te e solo in te che l’uomo troverà se stesso. Aiutaci, o Signore, ad essere testimoni coraggiosi.
Giovani… Volevo latte. E ho ricevuto un biberon. Volevo dei genitori e ho ricevuto un giocattolo. Volevo parlare e ho ricevuto un televisore. Volevo imparare e ho ricevuto pagelle. Volevo pensare e ho ricevuto sapere. Volevo una visione generale e ho ricevuto un’ideuzza. Volevo essere libero e ho ricevuto la disciplina. Volevo amare e ho ricevuto la morale. Volevo felicità e ho ricevuto denaro. Volevo un senso e ho ricevuto una carriera. Volevo speranza e ho ricevuto paura. Volevo cambiare e ho ricevuto compassione. Volevo vivere…
Che cosa ne pensiamo noi adulti?
Read More