Pastorale Scolastica

Diocesi di Piacenza-Bobbio

Il Santo Viaggio Febbraio 2019

La somiglianza Un missionario viaggiava su un veloce treno giapponese e occupava il tempo pregando con il breviario aperto. Uno scossone fece scivolare sul pavimento una immaginetta della Madonna. Un bambino seduto di fronte al missionario si chinò e raccolse l’immagine. Curioso come tutti i bambini, prima di restituirla la guardò. “Chi è questa bella signora?”, chiese al missionario. “E’… mia madre” rispose il sacerdote, dopo un attimo di esitazione. Il bambino lo guardò, poi riguardò l’immagine. “Non le somigli tanto”, disse. Il missionario sorrise: “Eppure, ti assicuro che è tutta la vita che cerco di assomigliarle, almeno un po’”. Tu, a chi assomigli?

Preghiera Ti ho scoperto, Signore, come Iddio che ama e dona a mani piene e che non vuole da me una risposta a mani vuote. Così ho imparato a parlarti con parole che hanno la pienezza dei miei peccati e delle mie stoltezze, delle mie ansie e delle mie piccole gioie, del litigio familiare d’oggi e del bacio di mio marito. Ho imparato a parlarti, Signore, provocato dai fatti più banali e più seri, degli incontri più comuni e più inattesi, dalle passioni più violente e più intime, da ciò che ho veduto sulla piazza e nella vetrina del negozio, dalla disperazione che mi ha preso e dalla gioia che mi esalta… Così ho scoperto che pregare non è porsi fuori del tempo o sulla strada dell’evasione, ma un camminare sul marciapiede della storia, ove sei anche tu, “mio Signore e mio Dio” (Gv 20,28).

L’umiltà Il primo giorno di scuola, in un paesino di campagna, un bambino camminava verso la scuola, di buon mattino, accompagnato dalla mamma. Il bambino era completamente assorbito dai lunghi passi della sua enorme ombra proiettata dal sole del mattino, che lo faceva sembrare e sentire un gigante di trenta metri. Improvvisamente la madre si fermò. Guardò il figlio dritto negli occhi e disse: “Figlio mio, non guardare la tua ombra di mattina, guardala a mezzogiorno”. Nella comunità cristiana siamo come in un’orchestra: se ciascuno di noi volesse essere il primo violino, non sarebbe possibile formare l’orchestra!

Lo scopo dell’educare Lo scopo dell’educazione è offrire alla persona la possibilità di innestarsi in modo autonomo, libero e critico nella società, favorendo l’acquisizione di un’identità fondata su valori e tesa alla realizzazione di sé attraverso un progetto di vita. L’educatore condivide questa avventura. La parola condivisione significa letteralmente “l’azione di dividere qualcosa con piena partecipazione”. Chi pratica la condivisione riconosce di essere partecipe della vita altrui, mentre partecipa all’altro la propria vita. Io ti chiamo per nome, ti individuo come soggetto in una realtà indistinta; e intanto ti riconosco, ti rendo consapevole di esistere, di esserci, ti dimostro che sei qualcuno per me. Il primo compito dell’educatore, dunque, è quello di risvegliare nell’educando la consapevolezza di sé, della propria unicità, della propria originalità.

Il mio Dio mi ascolta… Il mio Dio ascolta volentieri chi bussa al suo cuore vestito con gli abiti di casa senza il cappotto domenicale: da uomo, così com’è, senza aver chiesto in prestito parole altrui, lisciate a festa. Prego con linguaggio feriale, ma col cuore in festa. Per questo non indosso una tuta speciale nel presentarmi a lui. Gli parlo così, con il linguaggio della mia strada, sospinto dalle realtà concrete che vedo, mosso dai sentimenti improvvisi che sento.

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Il Santo viaggio Gennaio 2019

Il missionario Un missionario che era vissuto in Cina per molti anni e un famoso cantante che vi era rimasto soltanto per due settimane tornavano negli Stati Uniti a bordo della stessa nave. Quando attraccarono il missionario vide una gran folla di ammiratori in attesa del cantante. “Signore, non capisco”, mormorò il missionario. “Ho dedicato 42 anni della mia vita alla Cina, e lui ci è rimasto soltanto due settimane, eppure ci sono migliaia di persone che gli danno il bentornato a casa, mentre per me non c’è nessuno”. E il Signore rispose: “Figliolo, ma tu non sei ancora a casa!”. Un giorno un turista entrò nella casa di un santo uomo e si stupì quando vide che era composta soltanto di una stanza piena di libri. Gli unici mobili erano un tavolo ed una panca. “Dove sono i tuoi mobili?”, chiese il turista. “E i tuoi?, replicò il santo. “I miei? Ma io sono qui solo di passaggio”, disse il turista. “Anch’io”, disse il santo.

Tu mi dai la forza Signore In questa mia stagione, Signore, ci sono tante ombre che calano nel cuore, tanti sbalzi di colore sul mio volto, come se la terra tremasse sotto i piedi. In questa mia stagione, o Signore, ascolto tanti messaggi differenti, tante voci aperte all’avventura, tante esche da abboccare. In questa mia stagione, o Signore, voglio aprirmi alla parola tua, voglio mettere la mia mano nella tua per non sentirmi solo e ingannato. In questa mia stagione, o Signore, mi unisco a tante mani di fratelli per far andar la terra in altro modo, sì che ci sia più spazio alla speranza. In questa mia stagione, o Signore, mi sento tanto piccolo e incapace, ma tu dai sempre forza e mi fai grande perché con me sei tu, amico mio. Posso finalmente guardare, o Signore, fuori dalla mia porta, con gli occhi luminosi e vivi, e camminare a passo svelto con il cuore che canta verso la stagione che presto anche per me verrà. Amen.

Il negozio degli angeli Un giovane sognò di entrare in un grande negozio. A far da commesso, dietro un bancone, c’era un angelo. “Che cosa vendete qui?”, chiese il giovane. “Tutto ciò che desidera”, rispose cortesemente l’angelo. Il giovane cominciò ad elencare: “Vorrei la fine di tutte le guerre del mondo, più giustizia per gli sfruttati, più tolleranza…”. L’angelo lo interruppe: “Mi dispiace, signore. Lei mi ha frainteso. Noi non vendiamo frutti, noi vendiamo solo semi”. Il Regno è sempre un inizio, un minuscolo, quasi trascurabile inizio. Dio stesso è venuto sulla terra come un seme, un fermento, un minuscolo germoglio. Un seme è un miracolo. La tua anima è un giardino in cui sono seminate le imprese e i valori più grandi. Li lascerai crescere?

Incontrare il Signore Nella mia giornata piena, Signore, non ti ho mai cercato, non ti ho mai pensato, non ti ho mai parlato. Mille cose dai colori diversi, mille voci dai toni suasivi e accalorati, mille volti con altrettante storie nascoste e pesanti, mi hanno catturato e interessato… Tutto e tutti mi hanno rubato qualcosa, riducendomi a poco a poco, sfinito e snervato, come a larva d’uomo. Con parole sommesse, con voce appena percettibile, faccia a faccia con la terra che sa di amaro, grido il mio lamento, o Signore, come un giorno hai fatto anche tu. E tu, Signore, mi hai ascoltato, mi hai guardato e vicino a me sei venuto, e mi hai portato nella grande stanza del tuo cuore, sì che potessi riprendere il mio volto d’uomo che avevo nascosto sotto la coltre pesante della mia interiore stanchezza. Con mano paziente e delicata hai ricostruito in me il tessuto che si era consunto, hai fatto riscaturire in me la fontana del tuo amore perché chi cerca te in me non resti deluso e amareggiato, ma beva e si rinfranchi, cammini e sia felice. (A.Dini, Preghiera vestita, EDB, Bologna)

Alleluia! Tu sei rimasto, Signore, e quella sera è cambiata in un nuovo mattino. Perché non ti ho riconosciuto, Signore, prima che tu sparissi ai miei occhi, quando camminavi accanto a me? Ti cercavo dove non eri: nella reggia del potere, sulla poltrona della cultura, sulle creste dell’onda quotidiana, sulle strade della gloria e del trionfo. Invece eri lì, a due passi da me, seduto alla stessa tavola, vestito come me. Eri lì, accanto a me, nella stanza del mio tramonto, nel gesto banale e quotidiano di una piccola gioia donata. La risurrezione che attendevo ora so che ha un nome: si chiama amore. Il resto, Signore, tutto il resto non è che menzogna. Per amare vale la pena vivere. Per amare vale la pena soffrire. Ed ora, Signore, ai crocicchi delle strade e delle piazze, agli uomini che incontro e alle stelle che ammiro, agli animali che custodisco e alle piante che coltivo, ai venti e alle tempeste, al sole e alla luna, grido e canto alleluia, alleluia

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Il Santo Viaggio Dicembre 2018

Meditazioni per il sostegno spirituale degli operatori scolastici

Tutto canta Guardo le mie mani, il mio cuore, il mio mondo, e inorridisco di vergogna. Ho sporcato tutto, Signore. Ma, nell’oceano sconfinato dell’amarezza disperata che oggi è nata, si accende una luce: è la prima alba di un mondo nuovo che tu, o Signore, malgrado tutto riesci a fare. Esco di casa: guardo gli uomini e le cose e nulla m’impaurisce. Sento che tutto canta. Vedo che tutto sorride. Scopro che tutto è nuovo perché tu, o Signore, hai cancellato “l’ieri” di una creazione sbagliata per colpa di un uomo come me, e getti il seme di cieli nuovi e di una terra nuova. Grazie, Signore!

Un cuore nuovo I nostri sono giorni in cui dobbiamo proclamare che la vita è in pericolo, che la terra è minacciata. Ma anche che un altro mondo è possibile. La terra veste abiti da guerra, un vestito troppo vecchio ormai e senza futuro, che si crede forte ed è logoro. Dai suoi strappi traspare solo la morte. Ma un altro vestito è possibile, un altro cuore, un’altra umanità. Forse abbiamo versato vino nuovo in otri vecchi, rattoppato un cuore d’uomo troppo lacerato, uno straccio di cuore, cui siamo rimasti inutilmente attaccati. E abbiamo sciupato e rovinato il vangelo, come vino perduto. Altra strada non c’è che quella di un cuore nuovo. E verrà se insisto a cercare, ad ascoltare Uno che mi parli sul cuore. Verrà se prenderò il Vangelo come mio abito, se indosserò le beatitudini, se comporrò le mie parabole di vita, con il cuore di Cristo, con le mani giunte.

Paradiso e inferno Dopo una lunga vita un valoroso samurai fu destinato al paradiso, ma per arrivarci doveva attraversare l’inferno. Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una tavola imbandita con piatti colmi di cibi succulenti. Ma i commensali, seduti tutt’intorno, erano smunti e scheletrici da far pietà. “Vedi, disse l’angelo che lo accompagnava, quando arrivano qui tutti ricevono due bastoncini per mangiare, che sono lunghi un metro e devono essere impugnati all’estremità. Solo così possono portarsi il cibo alla bocca.” La punizione era davvero terribile: per quanti sforzi facessero nessuno riusciva a portarsi nulla alla bocca. Quando giunse in paradiso il samurai fu sorpreso. Il paradiso era assolutamente identico all’inferno ed anche qui i commensali avevano bastoncini lunghi un metro, che dovevano essere rigorosamente impugnati all’estremità. Eppure la gente era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia. “Ma come è possibile?” chiese il samurai. L’angelo sorrise: “All’inferno ognuno si affanna ad afferrare il cibo ed a portarselo alla bocca, perché si sono sempre comportati così nella vita. Qui, al contrario, ciascuno prende il cibo con i bastoncini e poi si preoccupa di imboccare il proprio vicino. Paradiso e inferno sono nelle tue mani. Oggi.

Preghiera Il beato per eccellenza sei tu, Gesù, che hai sofferto persecuzione per essere fedele alla volontà del Padre. Anche i tuoi discepoli, secondo la tua promessa (Gv 15,20; 16,2), sono provati dalla persecuzione, che quasi autentica l’esperienza cristiana. In realtà nessuno ci tortura, almeno qui in Italia, e siamo liberi di testimoniarti. Però gli sguardi ironici, le parole ambigue, il clima in cui siamo immersi non facilita parlare di te. La fedeltà alla tua volontà non è mai stata facile e non lo è neppure oggi, perché per molti la fede è un segno di dipendenza, di insufficienza, di arretratezza. Ci criticano, tante volte giustamente, per i nostri errori; ci deridono perché non cavalchiamo il pensiero alla moda; non ci ascoltano neppure quando pronunciamo il tuo nome. Eppure è in te e solo in te che l’uomo troverà se stesso. Aiutaci, o Signore, ad essere testimoni coraggiosi.

Giovani… Volevo latte. E ho ricevuto un biberon. Volevo dei genitori e ho ricevuto un giocattolo. Volevo parlare e ho ricevuto un televisore. Volevo imparare e ho ricevuto pagelle. Volevo pensare e ho ricevuto sapere. Volevo una visione generale e ho ricevuto un’ideuzza. Volevo essere libero e ho ricevuto la disciplina. Volevo amare e ho ricevuto la morale. Volevo felicità e ho ricevuto denaro. Volevo un senso e ho ricevuto una carriera. Volevo speranza e ho ricevuto paura. Volevo cambiare e ho ricevuto compassione. Volevo vivere…

Che cosa ne pensiamo noi adulti?

 

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Il Santo viaggio Novembre 2018

Preghiera Tu, Signore, sei stato molto chiaro: non hai usato sfumature di linguaggio né hai fatto niente di accomodante. Insegnami, o Signore, in quest’ora grigia del mio tempo ad andare contro corrente, a salire i sentieri più deserti, a sperare ciò che chiamano assurdo, a credere ciò che sembra utopia, ad amare come ami tu, a lottare contro le ingiustizie anche quando ci rimetto, a costruire anche da solo ciò che è vero, a cantare anche da solo ciò che è bello, a vivere anche da solo ciò che mi hai detto, giacchè sono convinto che il martire avrà il suo domani e la sua storia mentre la pecora ha solo il suo oggi ed il suo pascolo.

Il piccolo seme Un giorno un piccolo seme finì in una screpolatura di un marciapiede. C’era un pizzico di polvere, così meschino in confronto alla buona terra del prato. “Ma è tutta mia!” si disse il semino. E cominciò subito a lavorare di radici. Davanti alla screpolatura c’era una panchina, sulla quale sedeva spesso un giovane inquieto. Quando vide due foglioline dentate che si aprivano la strada nel cemento le calpestò e disse: “Non ce la farai! Sei come me!”. Ma il giorno dopo vide che le foglie si erano rialzate ed erano diventate quattro. Da quel momento osservò curioso la pianticella e quando vide, dopo qualche giorno, spuntare un fiore giallo, sentì sciogliersi l’amarezza che gli pesava in cuore. Diede un gran pugno sulla panchina e gridò: “Ma certo! Ce la possiamo fare!”. Sfiorò con le dita la testolina gialla del fiore. Per il piccolo e coraggioso fiore la carezza del giovane fu la cosa più bella della vita. Non chiedere al Vento perché ti ha portato dove sei. Anche se sei soffocato dal cemento, lavora di radici e vivi. Tu sei un messaggio!

Cammina sulle strade della vita Cammina, ragazzo mio, su tutte le strade del mondo aperte al sorriso e al pianto. Cammina e lascia cadere dalle tue mani d’uomo, le briciole della speranza e della vita perché qualcuno, vedendole, ti segua e non si smarrisca. Cammina e non voltarti mai a misurare il sacrificio compiuto, a guardare se altri ti seguono, a pensare la distanza percorsa, a rimpiangere il punto di partenza, a restituire le malignità che ti hanno scagliato. Cammina, ragazzo mio, e canta sempre l’alleluia della vita e della storia, l’alleluia della strada e della fatica, per essere capace un giorno di cantare senza fine l’alleluia del cielo, l’alleluia della patria, dell’universale coro delle creature nuove, dopo aver tanto camminato, nel sudore e nel pianto, per far nascere nuova anche la terra.

Regali Un giorno il postino suonò il campanello di un anziano signore, che viveva sempre in casa, solo. Quando la porta si aprì il postino fece un generoso sorriso e consegnò il grosso pacco dono che aveva portato al vecchio, il quale però lo accolse con un’aria mesta. “Dovrebbe essere contento di ricevere un regalo!”, esclamò il postino. “E’ di mia figlia” rispose il vecchio, “vive in un’altra città ed è sempre impegnata; non ha mai tempo per venirmi a trovare. Venga a vedere…”. Condusse il postino vicino a un grande armadio. Lo aprì: era pieno di pacchi dono. “Ma… non li ha nemmeno aperti!” sbottò il postino. “Perché avrei dovuto?” disse sommessamente il vecchio, “tanto non c’è amore, dentro…”. “Non conta nella vita fare cose grandi o piccole, vistose o insignificanti, ma soltanto conta l’amore con cui esse si effettuano” (Giovanni XXIII)

Gesù Non ti invade lo stupore, la meraviglia, nel pensare, nel renderti conto che un essere infinitamente superiore a me, a te, si fa uomo per amare me, per amare te? Quel bambino vissuto per anni in uno sperduto villaggio della Palestina è “irradiazione della gloria di Dio, impronta della sua sostanza”. Gesù ci dice questo mistero e insieme ci spalanca l’orizzonte dell’amore di Dio che si fa uomo per infondere al mondo la speranza. Lascia che Gesù nasca anche in te: “Voglio vivere con te, Signore, sempre, ogni istante della mia giornata, ogni attimo, anche quelli che sembrano inutili: sorriderò, risponderò ad un saluto, discuterò, lavorerò sempre con te vicino. E quando non ci riuscirò, perché tu lo sai, o Signore, quanto sono debole, prendi possesso di me, guidami, salvami. Così sia”.

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Il Santo Viaggio Ottobre 2018

Raccoglimento  Gli studenti, alle volte, dimenticano di inserire la corretta punteggiatura ai loro elaborati, che risultano composti di frasi disarticolate, di periodi scompaginati. Così spesso è anche la nostra vita, sempre in rincorsa, sempre perduta nel fare, affannata, costruita di brandelli appiccicati. Ci manca il raccoglimento, che è il raccattare i pezzi dell’esistenza e unirli armonicamente. Raccoglimento non significa tanto distaccare, scartare, quanto accogliere. Non eliminare, ma ricucire. Impegniamoci in questo tempo quaresimale, per raccogliere i pezzi della nostra vita e ricondurli ad unità, ponendoci sotto la mano amorevole di Dio. L’amore che si dona non rende poveri, ma più ricchi e vitali. Così donando Gesù all’umanità il Padre ha realizzato la sua multiforme grandezza. Sentiamo la gratitudine per Dio che si è fatto uomo? Siamo capaci di declinare nella nostra vita l’amore come dono di sé, del quale Dio, in Gesù, si è fatto modello? Non è facile pensare che è proprio nel donarla che la vita si realizza. Eppure ci sono tanti esempi in natura: il fiore è animato dalla forza di aprirsi e profumare; il seme dalla spinta a uscire ed innalzarsi… Un fiore non sboccia per beneficiare gli altri, l’usignolo non canta per rallegrare i campi. Un fiore sboccia perché è nello sbocciare che si realizza; un usignolo canta perché è cantando che si esprime. Allo stesso modo l’uomo. Deve donare la vita perché è nel donarla che la realizza: “L’albero dà frutti e non si sente creditore: la sua vita è donare. Se il passante gli toglie il peso del frutto, questa è la sua fortuna più che ricevere” (Tagore). Dormivo e sognavo che la vita era gioia. Mi svegliai e vidi che la vita era servizio. Volli servire e vidi che la vita era gioia” (Tagore).  Nella bottega di un barbiere c’era un bel rasoio. Un giorno tirò fuori la sua lama, che riposava nel manico come in una guaina e rimase meravigliato dei bagliori che il sole produceva specchiandosi in essa. Pensò: “Ed io dovrei consumarmi nel tagliare barbe a zoticoni che affollano questa bottega?”. Così si nascose e per molti mesi non si fece trovare. Finalmente un giorno decise di uscire dal suo manico. Ahimè! La lama, divenuta scura come una sega arrugginita, non rispecchiava più lo splendore del sole. La stessa fine è riservata alle persone che, invece di spendere e donare le loro qualità, preferiscono venire corrose dalla ruggine dell’indifferenza e dell’egoismo. La fede in azione è amore; l’amore in azione è servizio (Madre Teresa di Calcutta).

L’amore e la fede Cerca chi, tra le persone che conosci, può condividere la fede. Vi sosterrete a vicenda, se possibile con la preghiera comune; ma semplicemente guardandovi negli occhi troverete nella vostra unità, innestata nello Spirito di Cristo, il coraggio e la forza per donarvi senza riserve. Scoprirete così la bellezza della comunione fraterna “vissuta grazie a quei continui ricominciamenti che sono le riconciliazioni” (R. Schutz). Vivendo e lavorando insieme ne avrete continua necessità. Diverrete esperti, con il frequente esercizio, di ascolto e di perdono. Il perdono è la prua dell’amore. E “l’amore è la prima e più comune forma di emozione che conduce alla collaborazione” (B.Russel).

Perché questo foglio

Questo sussidio, che l’Ufficio Diocesano di Pastorale Scolastica predisporrà ogni mese, per la durata dell’intero anno scolastico, vuole essere un’occasione rivolta ai cristiani che operano nella scuola, per fermarsi un poco, per sostare, e raccogliere la propria vita e il proprio agire intorno a Gesù Cristo, che li motiva e dona loro senso. Leggere e meditare queste semplici righe può inoltre farci sentire più Chiesa, perché consapevoli che altri, in tutte le scuole della Diocesi, cercano di vivere con coraggio e passione, pur tra mille difficoltà, la loro fede.

Il direttore dell’Ufficio Diocesano
          di Pastorale Scolastica

                (G. Marchioni)

 

 

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Il Santo Viaggio Maggio

Dall’abitudine di sé all’invenzione di sé L’adulto vive la stagione del disinganno. E uno è portato a cercare un riparo dove adagiare la propria rassegnazione, sistemare il proprio disincanto, adagiare la propria rassegnazione, addentare qualche ricordo. Uno ne ha abbastanza, e dà le dimissioni dalla vita. E’ questo, precisamente, il momento della speranza. Purchè lo vogliamo. E’ l’ora benedetta in cui possiamo gridare, con sofferta convinzione: “O Dio vieni in mio aiuto”. Ma la scialuppa che lui ci lancia è una scelta precisa. Vivere o lasciarsi andare. Continuare con la forza dell’abitudine oppure imporre noi, dal di dentro, il ritmo e la direzione di marcia. In altre parole il Signore ci sollecita a un salto, a un passaggio. Ci propone una pasqua…

Mistero della fede Mistero della fede! Vivere di fede nella tua Eucaristia vuol dire lasciarmi stupire, prostrarmi nella adorazione, nello sconvolgente desiderio di ringraziare per questo tuo misterioso annientarti, per questo tuo eccessivo donarti nell’amore. Momento supremo dell’amore che mi intenerisce e mi commuove: “così” il tuo amore misericordioso ti ha “tradito”, consegnato, offerto in cibo a noi peccatori!

La casa più grande del mondo C’era una volta una piccola lumaca che disse a suo padre: “Quando sarò grande voglio avere la casa più grande del mondo”. “Certe cosa sono meglio piccole”, le rispose il papà. Ma la lumachina non volle dargli ascolto e cominciò a torcersi e a stirarsi fino a che scoprì come fare a far crescere la propria casa. E così la casa cominciò a crescere e crescere, ad abbellirsi di forme e colori, tanto che divenne grande come un melone, e divenne famosa presso le farfalle, le rane e tutti gli abitanti del luogo. Un giorno il cibo finì e tutte le lumachine si spostarono. La piccola lumaca non riuscì a muoversi e lentamente deperì e scomparve, come la sua casa, che ben presto si sgretolò. La vanità è il criterio del tuo progetto per il domani?

Era proprio un fanfarone Beppone era un vecchio arrogante e sbruffone. Un giorno, al bar, disse: “Scommetto che spaventerò ogni animale della montagna soltanto con il mio piffero, con cui posso imitare il verso di chiunque!”. La gente al bar rideva, e così Beppone, lanciata la sfida, partì. Arrivato sulla montagna imitò il verso del cervo, che arrivò. Ma con lui venne anche una lince, che aveva sentito il richiamo. Beppone imitò il ruggito del leone e la lince scappò, ma arrivò una leonessa. Beppone imitò il verso di un orso e la leonessa fuggì, ma arrivò un vecchio orso grigio, che senza pensarci due volte si mangiò Beppone.

Cuori e mani I poveri! Sono essi le persone che dobbiamo conoscere. Essi sono Gesù ieri, oggi e domani, che voi e io dobbiamo conoscere. Questa conoscenza ci porterà ad amarli e l’amore ci porterà ad offrire loro il nostro servizio. Non accontentiamoci del semplice gesto di offrire denaro o cose materiali. Il denaro non è tutto. I poveri hanno necessità di mani che li servano e di cuori che li amino. La religione cristiana è amore. E’ spargere amore intorno a noi (Madre Teresa di Calcutta) Mettersi una maschera, esagerare, vantarsi non portano a nulla di buono. Conosci qualcuno che assomiglia a Beppone?

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